LA MORTE DI COLOMBI / RICCARDO SCHIROLI RICORDA “ABETE”: “SI DISPONE LA BARRIERA MOLISANA, PARTE BORTOLAZZI: TIRO ED E’ RETE!”
Dal blog di Riccardo Schiroli, dal gennaio 2002 responsabile della comunicazione della FIBS, ma in precedenza radiocronista di Onda Emilia, la confessione delle angherie degli allora ventenni nei confronti del quarantenne Pino: “E’ colpa del testosterone: i maschi, quando diventano adulti, tendono a cercare di prevalere sugli altri maschi, specie quelli più anziani… Pino, con te siamo stati forse un po’ stronzetti. Ma eravamo giovani. E adesso che non ci sei più, lo siamo molto meno…”
(Riccardo Schiroli) – E’ successo che un altro pezzo della mia gioventù se n’è andato. Chiedo perdono per questo pensiero un po’ egoista, ma è quello che ho provato ieri sera, d’istinto. E trovo giusto condividerlo. Ero al ristorante dell’hotel ‘Haarlem Zuid’, abbastanza soddisfatto perché l’Italia aveva conquistato la finale dell’Europeo di baseball con una giornata di anticipo e stavo amabilmente conversando con il manager Marco Mazzieri. Quando il mio cellulare si è illuminato con questo messaggio “E’ morto Abete”. Il mittente era il collega e amico Gabriele Majo. Sarà stata la stanchezza, ma ho pensato che fosse saltato (non pensavo onestamente alla morte fisica) il presidente della Federcalcio. Ma mi sono chiesto come mai Majo trovava così urgente avvertirmi solo per un istante, perché poi ho capito. Io e Majo avevamo ribattezzato “Abete” il nostro Giuseppe Colombi, conosciuto da tutti come “Pino”. E’ stato bruttissimo, perché pochi minuti prima avevo rimembrato una delle tante espressioni con le quali siamo cresciuti, professionalmente e come uomini. Il leggendario la sfera cuoiata di Pino.
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Quando ho iniziato a fare il radiocronista avevo 21 anni. Pino Colombi era un quarantenne e agli occhi di uno che ha 21 anni, un quarantenne deve stare molto attento, perché il 21ennne sarà spietato con lui. E’ colpa del testosterone: i maschi, quando diventano adulti, tendono a cercare di prevalere sugli altri maschi, specie quelli più anziani. Oltretutto, noi (io, Gabriele Majo, Gian Paolo Pelosi, Gianluigi Calestani) eravamo un gruppo particolarmente impertinente. Roberto Lurisi, Mauro e Alberto Barigazzi ci provavano, a tenerci buoni. Ma presto furono contagiati anche loro. Ugo Ferri e Fabrizio Pallini, che erano una generazione intermedia tra noi e Pino, si dissociavano dai nostri scherzi. Con un sorriso.
Il “benissimo, d’accordo, grazie” di Pino divenne un marchio di fabbrica per ogni intervento da uno stadio in diretta. E imitare la voce di Pino, così radiofonica, era diventato quasi un obbligo. Confesso di aver imitato per anni quel: “si dispone la barriera molisana, parte Bortoloazzi…tiro…ED E’ RETE!” di un Parma (allenato da Arrigo Sacchi) contro Campobasso di serie ‘B’. Io stavo supportando la radiocronaca di Pino con i flash dal campo da rugby e fui colpito dal cambio di intonazione. La voce di Pino divenne roca, profonda. Doveva essersi emozionato sul serio.
Sul suo sito , Gabriele Majo racconta oggi di quel primo intervento in diretta di Colombi (autunno 1975, Majo me lo immagino con il grembiule nero, il fiocco azzurro, visto che frequentava le elementari, e però la barba incolta, la zazzera ricciuta e gli occhiali, senza i quali non può esistere Gabriele Majo) effettuato tramite un captatore telefonico a ventosa. Che chissà cos’è. Ma certamente, è una definizione che Pino avrebbe usato in una radiocronaca. Lo sto provando a dire “captatore telefonico a ventosa”, imitando la voce di Pino. E mi stanno venendo le lacrime agli occhi.
Per recuperare il sorriso, ripenso a Pino con la maglia numero 10 di Radio Onda Emilia, in una delle partite contro la mista Radio TV Parma e Teleducato (noi eravamo talmente numerosi da poter fare una squadra nostra). Lo vedo che ondeggia con le spalle, ricordandosi dei tempi in cui era una promettente ala sinistra della Vogherese (appartiene alla leggenda un suo gol in amichevole contro l’Inter, con Invernizzi che dice ‘lo prendo io’, un giovanissimo Pino che lo evita e insacca sotto l’incrocio dei pali a Lido Vieri). Una finta, 2, un’accelerazione. Poi si accorge di aver fatto il campo in orizzontale, cede palla al compagno più vicino e si toglie la maglia. La porge a Ferri e, sconsolato, dice: “Ugone, vai avanti tu”.
E’ da un po’, che non frequento l’amata tribuna stampa dello stadio “Tardini” di Parma. E non so per quanto tempo non avrò il coraggio di entrarci. Perché faccio fatica a immaginarmela senza un “Ciao, caro” di Pino che mi accoglie.
Pino, con te siamo stati forse un po’ stronzetti. Ma eravamo giovani. E adesso che non ci sei più, lo siamo molto meno.
Riposa in pace, caro.