CARMINA PARMA / TUTTI IN ASCOLTO DELLA “CHANSON DE SANSONE”
“Nell’azione di Nicola condanna Strama, c’è tutto l’istinto atavico ed impertinente del concetto primigenio del calcio: corro a buttarla dentro. Prendo la palla, parto e ad un certo punto scarico; un po’come un salto in lungo: scatto, stacco e salto; un po’ come la dinamica di un amplesso: prendo la rincorsa e via; fisico e spirito votati ad un solo inno di liberatoria potenza…”
(Luca Savarese) – La chanson de Roland narra delle avventure di Carlo Magno e del suo paladino Rolando durante la battaglia di Roncisvalle del 15 agosto del 778 dove furono sconfitti dai saraceni. La chanson de Sansone, racconta invece delle avventure di Roberto Donadoni e del suo fido Nicola Sansone, durante la battaglia della quattordicesima giornata del campionato di serie A del 26 novembre 2012, dove sconfissero gli interisti. Preambolo storico per addentrarci nella storia di questa partita. Parma da ieri sera, è finalmente libera dalla sindrome da rimpianto di Seba Giovinco che in bianconero, lungi dall’essere formica atomica è più che altro moscerino presuntuosetto. Il genie in the bottle ha cambiato sede, risiede ora nel corpo di Sansone Nicola Domenico, originario di Novi Velia, in provincia di Salerno – l’antica Elea, patria del filosofo greco Parmenide che diede alla luce la teoria dell’essere ed in effetti ieri siamo stati eccome e pienamente, le parvenze di non essere di alcuni tratti delle precedenti uscite, non si sono viste – e nato a Monaco di Baviera il 10 settembre del 1991…
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La chanson di Sansone ha la voce acre di chi è nato lontano dall’Italia ed il cuore grande di chi è stato baciato dal dio pallone che gli ha sussurrato una missione: vai nel mondo e divertiti con me, portami ovunque, ma mettimi in fondo alla rete. Ad undici anni compiuti è già nel settore giovanile dei bavaresi, fa tutta la trafila ed arriva alla squadra riserve aggiungendo alla passione italica le geometrie teutoniche. Il Parma lo riporta a casa, ma lo parcheggia a Crotone, dove il ragazzino con 5 gol mostra di che pasta è fatto. Roba buona, non bassissimo, 175 cm, ma sgusciantissimo. Ad un certo punto della tenzone tra Parma ed Inter decide di battere il gigante Handanovic: piccolezza premiata e gigantismo che si deve arrendere. Questa sua personalissima Chanson, prevede prima una corsa; nell’azione di Nicola condanna Strama, c’è tutto l’istinto atavico ed impertinente del concetto primigenio del calcio: corro a buttarla dentro. Prendo la palla, parto e ad un certo punto scarico, un po’come un salto in lungo: scatto, stacco e salto; un po’ come la dinamica di un amplesso: prendo la rincorsa e via; fisico e spirito votati ad un solo inno di liberatoria potenza. Anche quando sbloccò a Torino, utilizzò lo stesso stilema: assolo solitario in velocità e poi giù il tiro, l’altra volta un sinistro, questa volta un destro. La prima volta cadde il Toro, ora ha messo al tappeto l’Inter di Milito e Palacio, temutissimi, già presentati da molti media, (poco inclini a farsi stupire) come sicure armi anti Parma. Il loro tango non è pervenuto e dovranno mangiare molto asado per rifarsi la bocca. La Chanson de Sansone ha zittito tutti quelli che vedevano il 2 fisso, senza aver, neanche minimamente, dato un’occhiata alla formazione del Parma. Da una canzone ad una saracinesca: Antonio Mirante. Quando nel secondo tempo mentre si lottava e si cercavano ispirazioni, respinge una botta di Guarin, ci ricorda certi voli sublimi di Albertosi a Messico 70. A proposito di mondiale, come starebbe bene Antonio nella porta di Prandelli per Brasil 2014? Contro le grandi si esalta, ed il prodigio che compie nel primo tempo su Cambiasso è da guantoni divini, da prelevarli direttamente dalle mani ed esporli ad un museo delle più sontuose parate della storia. Forse la divisa gialla contornata dal disegno di ragni, deve averlo ispirato. Si è finalmente riavvertita una corrispondenza d’amorosi sensi tra il Parma ed i suoi tifosi che fiutavano l’exploit, ma non osavano neppure un secondo (ed a ragione) sottovalutare la Strama band, apparsa, dopo le batoste di Bergamo ed il mezzo passo falso interno contro il Cagliari, decisamente strana, estraniata da quel ritmo irrefrenabile che l’aveva portata prestissimo a ridosso della Juve. E’ stata certo una manna non aver dovuto pensare ai colpi da biliardo, improvvisi e spesso chirurgici di tali Sneijder e Cassano ma è stata una manna elevata al cubo poter disporre di una formazione grintosa, fresca, atleticamente al top (e siamo solo a fine novembre, a marzo correremo come Bolt?!…) che trasmette serenità ed una seria idea di gioco e di benessere psico-fisico. Già, la mente ed il corpo della nostra nuova dolcissima Chanson di Sansone: quei gol prima li pensi dentro, poi li crei fuori. Se Allegri aveva detto che il Milan per battere la Juve avrebbe dovuto giocare al 150 per cento, questo Parma va in campo al 250 per cento. Un plauso sincero e fragoroso a Donadoni che dimostra ancora di essere attento allievo del filosofo Seneca con le numerose chicche della conferenza stampa pre-Inter,due su tutte: “faremo la nostra partita senza nessun eccesso”, e poi “non sempre tutto viene poi fuori proprio perfetto”. Caro Roberto è vero, hai ragione, non sempre le cose escono perfette. Tranne ieri, quando un gruppo di sicuri e strenui guerrieri si è messo prima in testa e poi in corpore l’ardore di battere la legione interista. Va per le strade dalla gente diglielo veramente. Un pezzo dell’indimenticabile Dalla? No, la Chanson de Sansone. Vai Nicola, dillo ad ogni singolo crociato dell’orbe terracqueo… Luca Savarese
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Quanto sei lirico, Carmina. Sei quasi Omerico nel racconto delle gesta calcistiche dei gialloblu. Si lo devo ammettere, le genti di Parma credevano e cuore della squadra ed erano fiduciosi. Come in un opera verdiana che vive le note trionfali ma anche l'impeto eroico si leggeva la trpidanza del tifoso conscio all'appropinquarsi della disfida che avrebbe scritto una pagina memorabile nel tomo secondo dell'enciclopedia del DON. Ammetto che anch'io mi son lasciato prendere dal galvanizzante ambiente del vecchio cuore Parmigiano, mi son lasciato cullare dalla speranza di assistere all'impresa che aleggiava, ho vissuto con crescente entusiasmo il dipanarsi della partita. Tutto ho sentito ma da nessuno la sorpresa, come se l'elegiaco avvenimento facesse parte di una partitura solo da eseguire. Nessuno che esprimesse dubbi circa la bontà delle scelte del Don, come se la sua saggezza fosse un comprovato e ineluttabile dono del Dona. Poi l'esecuzione, escono le prime note pallonare, nessuna stecca anche se le voci intonate utilizzavano all'inizio il falsetto, come nel timore di non tenere la nota. Chi ama l'opera l'ascolta compiaciuto attendendo l'assolo, temendo la stecca ma pregustando quella nota famosa e conosciuta che farà il tenore. Quell'acuto che renderà eclatante la rappresentazione, che strapperà gli applausi al difficile pubblico dei loggioni. Beep Beep che passa da dx a sx e si porta via due difensori, imprendibile. I nerazzurri che mollano il ragazzino, dove vuoi che vada ……… e lui lì, lo immaginate dopo un triangolo col brasiliano si vede spalancare la porta. Potrebbe steccare la nota, ma l'ha provata tante volte e tante volte ha sognato di essere lì in mondovisione e di avere quella palla sul piede, ma adesso non pensa, il trans agonistico, quella corsa di 50 metri, la porta, la palla, il passo, il tiro, la gloria. Son convinto che ha tirato e poi ha chiuso gli occhi, come quel melomane che ascolta un delicato passaggio dell'opera. Frazioni, attimi, poi sente il boato dei venti mila, urlano e applaudono. Urlano e applaudono lui, ma insieme a lui chi ha scritto la trama, chi ha diretto l'orchestra e poi tutti gli orchestrali e i cantanti. Ecco la squadra che conquista il Parmigiano, generosa, col cuore, con il campione di giornata. E con un gran direttore d'orchestra.