SAREBBE BELLO, TREMENDAMENTE BELLO, SE LA SECONDA VITA DEL PARMA NELLE COPPE EUROPEE NASCESSE ANCORA DALLA COPPA ITALIA
Il trofeo strappato alla Juventus nel ’91 fu il primo dei tanti allori, anche internazionali, che impreziosiscono il Palmares del Parma
(Luca Russo) – Istruzioni per l’uso: mettetevi comodi in poltrona e, se ne avete ancora uno (ma non ci spero), dal vostro giradischi fate partire Moon River, brano di Johnny Mercer e Henry Mancini e colonna sonora del film ‘Colazione da Tiffany’ con l’indimenticata e bellissima Audrey Hepburn. Lo sarà, soundtrack, anche di questo pezzo, per rendere ancor più dolce e, perché no, malinconico il tuffo nel nostro passato. Che ci riporta indietro di ben 21 anni: una vita fa! E’ l’estate del 1991 e la matricola Parma, al suo primo campionato tra i grandi del calcio italiano, ha appena conquistato un pregevolissimo e inatteso quinto posto. Che le è valso la qualificazione, altrettanto sorprendente, alla Coppa Uefa, ai tempi ben più prestigiosa e insidiosa (vuoi, soprattutto, per la gran cifra tecnica delle partecipanti) dell’attuale e svalutata Europa League.
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La stagione 1991/1992 apre i suoi battenti coi primi turni della Coppa Italia, allora più attraente di quanto riesca ad esserlo (per la verità e per certi club, poco) oggi. Agosto è ormai ai titoli di coda, e il calcio d’estate sta per cedere titoli e attenzioni a quello di coppa e campionato. Il Parma, in quanto testa di serie della manifestazione, comincia la sua avventura dal secondo turno. Il primo avversario è il Palermo di Enzo Ferrari (sostituito, a stagione in corso, da Gianni Di Marzio), che esce illeso dal Braglia (0-0), per poi soccombere sul terreno amico (1-2). Gli ottavi di finale mettono sulla strada dei crociati la Fiorentina di Dunga, del giovanissimo Batistuta (appena acquistato da Cecchi Gori) e di un nostro grande ex: Stefano Pioli. A Parma, tanto per cambiare, si finisce con un pareggio a reti bianche. Nel return match, Stefano Borgonovo porta in vantaggio i viola e Brolin va a riprenderli a poco meno di mezzora dal triplice fischio. In virtù del maggior numero di reti segnate fuori casa, sono i gialloblu ad ottenere il visto per i quarti. Dove ci aspetta il Genoa, sconfitto sia al Tardini, grazie alle reti di Minotti e Catanese, che a domicilio, per mano (o, per meglio dire, piede) di Signorini, vittima di un’autorete, e Melli. Si vola in semifinale ed al Parma tocca di nuovo affrontare, e dover farla fuori, una genovese: quella della sponda buona di Genova. Nei primi novanta minuti la Sampdoria si arrende alla rete del puntualissimo Brolin. A Marassi, i blucerchiati impattano con Pari al 77’. Per il Parma, che già stava annusando l’aria della finale, sembra l’inizio della fine. Ma non lo è. La sfida, col suo fatale carico di tensioni ed emozioni, si spinge fino ai supplementari. Ed è Melli, con una doppietta, a riportarci in superficie e a metterci al riparo dall’eventualità dei calci di rigore. Il pareggio, a tempo ormai scaduto, di Vierchowod, è inutile. I crociati sono in finale! E che finale: sarà la Juventus a contenderci il titolo. Il nostro (glorioso) cammino, cominciato sul tramontare dell’estate 1991, sta per esaurirsi all’alba di quella del 1992. Chi l’avrebbe mai detto ai nastri di partenza? Nessuno, forse. L’appuntamento con la storia, il primo dei tanti ai quali ci presenteremo da lì in avanti, è fissato per il 14 Maggio di quell’anno. Sette giorni prima, al Delle Alpi di Torino, il Parma è stato piegato da un rigore di Roberto Baggio. Al Tardini la musica cambia: Melli ricuce lo strappo e Osio, l’unico vero Sindaco di Parma (non ce ne voglia Pizzarotti), va a prendersi la Coppa. E’ un trionfo! Per la squadra e per la città. Ma anche per la statua di Garibaldi che per l’occasione i tifosi, in estasi da prima conquista di un certo spessore, vestono di giallo e blu. Contro ogni pronostico e contro avversarie decisamente più attrezzate, il Parma, come un fiume, ha trovato la via al mare. Ed alla gloria. Nazionale, è chiaro, ma anche e soprattutto internazionale. Perché, e questo sia da monito per chi ancora crede che il campionato sia l’unico mezzo per appagare la nostra voglia di Europa, è merito di quel successo se il nostro palmares, dopo venti e passa anni vissuti nel calcio che conta, è trapunto di Coppe e di gioie indelebilmente scolpite nella memoria e nel cuore di chi ha il Parma tatuato sulla propria pelle. Guai a dimenticarlo: tutto è cominciato da lì, da quella Coppa Italia. Sarebbe bello, tremendamente bello, se tutto, anche la nostra seconda vita europea, ricominciasse da lì. Da un’altra Coppa Italia. Quest’anno, come nell’estate del 1991, si inizia contro una siciliana. Non il Palermo, eliminato nei sedicesimi dal vivace Verona di Mandorlini, ma il Catania di Maran, fresco di qualificazione ottenuta ai danni del Cittadella. Quando si dice il caso. Peccato che il tabellone ci abbia piazzato sullo stesso lato della Juventus, che al più potremmo incrociare ‘solo’ in semifinale. E non in finale come ventuno anni fa. Poco importa: visto che i tempi son cambiati e che il Parma non è più quello degli anni d’oro, sarebbe già tanto arrivare ad un passo dall’atto conclusivo. Ed un miracolo sarebbe poterlo giocare all’Olimpico di Roma. In fondo, con un campionato che sembra destinato ad essere monopolizzato dalle ricongiunte sette sorelle e che alle altre faticherà a lasciare anche le briciole, una finale di Coppa Italia (e la sua conquista che, scongiuri facendo, farebbe salire a quattro i nostri successi nella competizione) è proprio quello che ci serve per rendere credibile il desiderio che abbiamo di ritornare in Europa e per restituire entusiasmo ad un ambiente mortificato da anni avari di successi, ma non di delusioni. E poi, scusate, l’idea di partire in auto, treno o autobus alla volta di Roma e di ritrovarvi, all’Olimpico, in mezzo a diecimila parmigiani, non mette i brividi anche a voi? Ecco, se la risposta è quella che sospetto, vuol dire che noi abbiamo già compreso il valore di questa manifestazione. Voglio credere e sperare che facciano lo stesso anche i nostri beniamini. Luca Russo
sarebbe e' la coniugazione del verbo esatta.
ma poi la societa' dimostra esattamente il contrario facendo giocare tizio caio e sempronio.
di scempi calcistici ne ho piene le…fosse
dopo il fatal verona dello scorso anno, abdico
in favore di cose piu' serie
LO STUFATO