L’OPINIONE DI MAJO DOPO PARMA-BOLOGNA 0-2: “ERAVAMO DI PIU’ A WEMBLEY…”
(gmajo) – Sindacalisti e poliziotti sono, notoriamente, più bravi di chiunque, giornalisti inclusi, a calcolare i partecipanti alle manifestazioni, anche se i loro dati spesso divergono. In questo caso, poi, c’è di mezzo la memoria e vent’anni non sono pochi: ma quanti eravamo a Wembley? Fonti non ufficiali parlavano di un esodo di ben 15.000 persone, anche se cronache più recenti hanno ridimensionato il dato a 12.000. Comunque ben di più di circa 10.000 anime, e quindi di più di quelle che, a occhio, hanno seguito l’evento del Ventennale andato in scena ieri, allo stadio Tardini, prima del Derby vespertino, malamente perso, con il Bologna. Se prestiamo fede alla distinta ufficiale degli spettatori, diffusa dall’ufficio stampa del Parma FC, sono stati 14.700 gli spettatori totali accorsi all’Ennio per l’ultimo appuntamento stagionale, di cui 5.215
paganti (incasso relativo euro 29.005,00, media poco più di 5 euro, cad.), 9.102 abbonati e 204 possessori di voucher del girone di ritorno. Secondo il beneinformato “Settore Crociato” l’effetto Wembley avrebbe portato allo stadio quasi 3.000 tifosi in più: le cifre sciorinate da suddetto portale sono le seguenti: “Sono stati 1.600 (1.000 di Tribuna, tra Petitot ed Est, e 600 di Curva Nord) i biglietti Ridotto Centenario venduti, al prezzo popolare e unico di 5 Euro per ogni settore, a cui vanno aggiunti un migliaio di tagliandi omaggio distribuiti nelle scuole di Parma e provincia e alcune centinaia tra i bambini della Parma Football School e delle loro famiglie e quelli strappati al costo ordinario in biglietteria”. La stessa fonte indicava in circa 500 i sostenitori bolognesi per il Derby dell’Emilia. Il fatto curioso, però, è che l’effetto
Wembley lo si è registrato soprattutto in occasione della partita (e questa, onestamente, lo meritava mica tanto…) e non del preambolo revival precedente dedicato alla Mitica Notte Londinese, poiché gli spalti, Nord inclusa, risultavano assai meno occupati rispetto al fischio d’inizio della partita alle 18. In effetti ci sarebbe da chiedersi il senso di una coreografia – stupenda, come sempre: in Curva ci sono dei veri artisti la cui vena è inesauribile – mostrata, però, come da copione abituale, all’ingresso in campo delle squadre per la
partita vera e non prima, nel clou della Celebrazione. Giacché la coreografia inneggiava la Coppa di Vent’anni fa pare un nonsense il ritardo con cui è stata esposta. Prima di me, iersera, aveva rimarcato la questione Michele Gallerani di Sky in un collegamento in diretta su Tv Parma, durante il quale ha anche riferito che qualcuno dei Leoni c’era rimasto male per l’assenza di una buona porzione di pubblico durante il rito officiato dai Sacerdoti Piovani e Grossi con chierichetto il dj Bassi. Del resto, però, anche qualcuno dalla Curva aveva mandato un SMS al
lavandino di Pronto chi Parma? lamentandosi perché la funzione si è svolta con l’altare frontale alla Petitot e con le natiche rivolte alla Curva. Credo che la morfologia del corpo umano sia un po’ diversa, e dunque le terga erano rivolte alla Est (o distinti), ma l’iperbole utilizzata dal telespettatore era un invito rivolto agli organizzatori a considerare, per altre occasioni come queste, i tifosi di tutti i settori e non solo uno. Si potrebbe replicare che di solito i giocatori il tuffo finale lo fanno sotto la Nord e non sotto la Tribuna Centrale, ma forse è meglio di non dirlo oggi, visto che ieri nessuno si è tuffato (dopo il tonfo). A parte i
bolognesi sotto la Curva opposta. Quella che aveva proiettato le immagini del 12 maggio 1993, che i nostri attuali portacolori dovrebbero meglio mandare a memoria. Alla vigilia del match, in conferenza stampa, avevo chiesto a Donadoni quale valore aggiunto avrebbero potuto dare le vecchie glorie ai nostri odierni eroi, ed egli mi aveva risposto che dietro l’angolo c’era il rischio delle distrazioni, e delle brutte figure “e sarebbe un peccato”. Un buon profeta, si vede che è un pastore che conosce bene le sue pecorelle. L’atto di addio dal proprio
pubblico è stato in linea con la seconda parte di stagione: assai deludente, dunque. Si è visto anche di peggio, giacché il portierino avversario, reduce dalla scorpacciata di gol (nove nelle due gare precedenti) ieri aveva deciso di mettersi a dieta, parando tutto il parabile. Del resto la nostra consueta vocazione crocerossina non poteva che offrir conforto al guardiano più perforato della settimana, nonostante la croce nera non fosse ieri sulla casacca dei Non Crociati. Troppo pesante la divisa di Wembley da indossare,
diceva ieri qualcuno, io non scomoderei questo argomento per giustificare l’insipienza degli attuali calciatori, certificata anche in altre occasioni, pur sfoggiando capi d’abbigliamento meno impegnativi, anche se la propria maglia sarebbe da onorare sempre, non solo quando è il Simbolo del momento storico più importante del proprio passato. Come abbiamo rimarcato ieri con
titolazione e slide di un paio di servizi c’è stato il ritorno sul campo di Stefano Tanzi dopo il crac Parmalat (di cui ricorre il Decennale, tanto per rimanere sulle date tonde…): io ero in sala stampa a caricare, in tempo reale, altri contributi che avevo registrato prima (il Vescovo tra le diavolette-Cheerleaders che trasforma un penalty e pronunzia
un’omelia pro fair-play; lo sprone del prof. Zannoni a collaborare alla nascita della Mostra-Museo del Centenario, portando oggetti e cimeli che poi saranno restituiti; e l’arrivo del torpedone del Parma con la discesa dei Leoni con la Coppa delle Coppe ’93, video che documenta inequivocabilmente come, come al solito, c’è stato il modo di rovinare quel momento importante, con la
rinunzia al buon senso, per ottemperare a esclusive o regolamenti vari, con la creazione di un po’ di tensione di troppo che stonava con l’atmosfera circostante) per cui mi ero perso, dal vivo, l’attimo: lo avrei rivissuti grazie alla registrazioni di alcuni occasionali collaboratori dello staff di stadiotardini.it (che ringrazio per la preziosa opera gratuitamente e comunitariamente svolta). Mi pare di percepire – pur nella amatorialità del documento – applausi e fischi da parte del pubblico: quel mix di sentimenti che da sempre accompagnano i tifosi del Parma, eternamente grati al Cavaliere deposto per l’epopea che ci ha fatto vivere, ben al di sopra delle normali possibilità di una piccola città di provincia (basta vedere la desolazione delle confinanti), ma con la consapevolezza del tanto male che è stato fatto – in solido con altri, beninteso – ai risparmiatori travolti dalla bancarotta del gruppo. Lui, Stefano, mi è parso emozionato, stava quasi per perderla quella maglia bianco latte, prima di raggiungere Mons. Sandrone (Piovani) che lo avrebbe abbracciato, come nei bei tempi andati, e Don Grossi (Paolo), gli officianti del Rito. Per motivi di sghei, come li chiama la nostra lettrice Squirty (in nome omen, speravamo, prima che scoprissimo che si trattava della stessa persona che abitualmente si firma, nello spazio commenti di stadiotardini.it come Criscitiello, pur non essendo il famoso Michele, il direttore di SportItalia) o di pepas, come un mio vecchio editore, non posso permettermi una mazzetta degna di questo nome: però non mi risulta che ci siano stati quotidiani che abbiano rimarcato il ritorno sulla scena del Rampollo di Calisto, chiosando in un qualche modo. Eppure, a mio avviso, è una notizia. Specie per quel circo mediatico che dieci anni fa aveva bivaccato, a lungo, a queste latitudini, propinando articoli seriosi o facezie. Sulla GdP il racconto dell’evento è per certi versi autobiografico, avendolo firmato il presentatore Piovani. Egli ha spiegato al colto e all’inclita il perché della presenza di Stefanino: egli, infatti, faceva parte del CdA (presidente lo sarebbe diventato solo dopo la deposizione di Pedraneschi alla fine del ciclo Scala-Pastorello). Appena prima di lui, al microfono, era approdato Fulvio Ceresini, nonostante, come noto, in passato ci fossero stati momenti di tensione tra lui ed alcuni membri dell’entourage di Ghirardi. Direi che sia stato bello che l’attuale proprietà e management non si siano appropriati (pur avendo acquistato anche il Palmares) del trofeo più prestigioso e genuino del Parma Calcio, lasciando che il giusto tributo venisse tributato a tutti i protagonisti di allora, sul campo o dietro la scrivania, senza farsi condizionati dagli eventi successivi, eventi, tuttavia, che fanno però lo stesso riflettere sull’opportunità dell’invito, aprendo il dibattito, si auspica costruttivo. Così come immagino sia legittimo dibattere sul valore dell’anno scolastico arrivato alla sua conclusione: manca solo l’ultima interrogazione sul campo del già bocciato Palermo. L’imperativo è tornare a casa con una vittoria che possa mandare agli annali un decimo posto, strettamente in linea con le aspettative a bocce ferme prima dell’inizio (era obiettivamente difficile migliorare l’ottavo posto di un anno prima, dopo le cessioni di Giovinco e Floccari), ma che avrebbe potuto esser migliorato alla luce di quanto mostrato nel girone d’andata e agli stenti della concorrenza. E’ proprio la classifica attuale a certificare la mediocrità del Parma, ben lontano dai modelli (indicati da Ghirardi) Udinese (onestamene irraggiungibile) e Catania, che si è preso perfino il lusso di scavalcare la moribonda Inter (inutilmente rianimata dal Parma crocerossino qualche settimana addietro): gli attuali 46 punti ci consentono, prima degli ultimi 90’, di esser davanti di due lunghezze sul Chievo (sì, il Chievo Verona, i Mussi Volanti) e sul Cagliari di Pulga (tra i Leoni di Wembley tornati al Tardini ieri c’era pure lui), e di tre sul Bologna di Pioli, il quale si è cavato la gioia di battere il Parma, squadra della sua città e del presidente che lo esonerò dopo appena due turni dal proprio insediamento. Gioia, per altro, ben dissimulata durante la conferenza di ieri quando aveva sottolineato come gli interessasse di più il riscatto del Bologna dopo le ultime due prestazioni indecorose che avevano preceduto il derby. Grande uomo, Pioli, soprattutto quando ha chiarito per l’ennesima volta – dopo domanda in merito del Saltimbanco Boni – che lui delle sirene di mercato se ne impipa, perché ha firmato un contratto col Bologna e lo vuole onorare perché quello è il suo progetto. Parole chiare, limpide,
Recoaro, per citare una réclame della mia gioventù. Del resto Carosello è tornato di moda… A proposito dell’attuale stagione ho letto, sempre su Settore Crociato, che ha avuto l’onore di assistere al “terzo tempo” o commistione tra il Vecchio e il Nuovo Parma nel ristorante interno al Centro Direzionale Parma FC di Collecchio (segnalo, nel frattempo che la guardiola posizionata da AB GLOBAL SERVICE è stata completata con i previsti cristalli anti-proiettile; era pronta fin da sabato,
quando ho scattato le foto, ma poi, data l’ampia mole di servizi pubblicati tra Mangia come scrivi – a chi se l’è persa segnalo la mia video chiacchierata con Gianni Mura (disponibile cliccando sul presente collegamento ipertestuale) che aveva definito il Parma l’ultimo esempio positivo della provincia calcistica italiana –, il V
entennale di Wembley e la partita è finita nel dimenticatoio, ma a proposito dell’azienda di Luca Accorsi, partner green & snow del Parma FC, segnalo la Fiat 500 d’epoca giallo Parma (le foto sotto riportate sono state scattate da Franco Saccò, archimmagine) che ieri faceva bella mostra di sé nell’antistadio del Tardini per stimolare ulteriormente la sensibilità verso il Centenario), che Ghirardi, al di là dell’esser incazzato (loro lo hanno scritto edulcorando in un “arrabbiatissimo”) per il per la “battuta d’arresto mal digerita nel derby dell’Emilia”, ha espresso un “giudizio positivo sull’annata che si sta concludendo”, ricordando ai giocatori “l’importanza dell’ultima partita, a Palermo, per il decimo posto”. Che come direbbe Squirty-Criscitiello sono sghei o pepas che ballano, al di là del prestigio di star dalla parte sinistra della classifica. Sempre
secondo il portale all’alba di una idea espressione di un gruppo della tifoseria organizzata, il Pres ha ribadito: “la rilevanza di due figure fondamentali per il nostro club, mister Roberto Donadoni e l’amministratore delegato Pietro Leonardi. E’ una fortuna avere le loro professionalità, per una società come la nostra, che ha un bacino d’utenza piccolo, rappresentando un territorio di trecentomila abitanti, di fronte alle nostre avversarie, anche di distretti provinciali più grandi, con introiti maggiori dai diritti televisivi per questo parametro.
Seguiteli, seguiamoli, come abbiamo fatto finora”. Una volta Pallini, durante la premiazione di Vetrina Crociata, ribattezzò Pietro Leonardi come “il Preside”: ebbene, il Preside con gli scolari un po’ discoli, ieri sera non ha calcato la mano. Anzi, si è complimentato: “Nonostante la sconfitta odierna, volevo fare i complimenti ai nostri ragazzi e al nostro mister per il campionato che hanno sostenuto. Non era facile, quest’anno soprattutto, con i cambiamenti che ci sono stati in organico, con top player ceduti che hanno portato ricavi e giovani innesti su cui investire che erano scommesse, in un contesto generale di crisi economica, mantenere la Serie A con una tranquillità e una serenità come quella che ci avete dato, senza mai essere entrati nel vortice della zona retrocessione. Non è facile, in una piazza di una piccola provincia, rimanere a livelli medio alti costantemente per diverse stagioni. Noi ci stiamo riuscendo. L’obiettivo è consolidarsi. Siamo al decimo posto. Vogliamo finire il campionato in questa prestigiosa posizione per tanti motivi. Per il prestigio e per le risorse maggiori che entreranno. Forza ragazzi, c’è l’ultimo sforzo di domenica a Palermo”. Con i modelli Udinese e Catania distanti anni luce, se per caso si dovesse esser raggiunto o scavalcati perfino dal Chievo – di dimensioni ancor più minuscole e che certo della torta dei diritti tv non è che facciano più indigestione dei nostri – sarebbe un po’ umiliante. E’ vero che il Parma non è mai entrato nel vortice della zona retrocessione, ma l’impresa di salvarsi non può definirsi tale se si considera la scarsa qualità del torneo con iscritte delle penalizzate o squadre palesemente inadatte alla categoria. Pur andando contro gli interessi del Parma ci sarebbe da riflettere, in prospettiva, anche per ridare valore ad una serie A negli ultimi anni svilita, anche, secondo me per colpa della propria Confindustria assai poco lungimirante, sulla proposta di riduzione delle partecipanti, caldeggiata anche da Abete. Se tanto ci si lamenta per l’esiguità delle fette della torta (alias i diritti tv: occhio alla concorrenza delle leghe straniere che potrebbero un domani far sì che la Satellitare non serva più il dolce…) tanto varrebbe ridurre le bocche da sfamare, anche se ciò non basterebbe all’ideale più equa ripartizione desiderata dal GhiLeo. Certo il campionato che sta per passare agli archivi ha dimostrato come la necessità di una riforma sia ormai improcrastinabile. E’ vero che con 18 squadre sarebbe più alto il rischio di esser risucchiati dalle sabbie mobili, ma anche i singoli club, ove la competizione fosse maggiore, ne trarrebbero un maggiore giovamento in termini di interesse e partecipazione. Evitando gironi di ritorno deludenti e di pessima pubblicità per il movimento come quello colpevolmente interpretato dal Parma che ha contribuito ad un ulteriore allontanamento dagli stadi o generale disinnamoramento. Certo, il Sistema Parma non è che abbia ben risposto – anzi ! – al richiamo dei Leoni di Wembley ed è un dato che deve far riflettere su quanto realmente offra il nostro bacino. Lo zoccolo duro, più o meno eroso, è di 10.000 persone, e tale continua a confermarsi, indipendentemente dagli avversari o dagli eventi correlati. C’è un po’ di scollamento, non c’è più quella stupenda simbiosi di allora: altri tempi, certo, ma il rapporto con il territorio, (territorio particolare fin che si vuole, con tanti pregi e difetti, del resto come in ogni parte del mondo) forse, non sempre è stato coltivato nel modo migliore. E i frutti si vedono. Nei giorni scorsi, attraverso lo spazio commenti di stadiotardini.it, il nostro lettore Marcello aveva espresso le sue perplessità su questa iniziativa della memoria: “A mio parere si poteva giocare alle 15, come da programma, e pensare al Bologna, invece che ad un evento di 20 anni fa” (stessa riserva ribadita ed approfondita, nell’intervista esclusiva che ci ha concesso, dall’inviato di Radio Rai Giuseppe Bisantis). Marcello si interrogava: “Mini-tornei di bambini, cheerleaders, performers, coro di voci bianche, ma che c’entrano con Wembley? Il Parma è sicuro che queste cose interessino ai suoi tifosi abituali? Per quanto mi riguarda, no. Andrò allo stadio per la partita”. E, dando un’occhiata agli spalti, tra il momento del revival e l’inizio della partita, si direbbe che in tanti l’abbiano pensata come lui. “Forse – ha aggiunto Marcello – non sarò troppo sentimentale, ma anche rivedere chi ha giocato a Wembley, adesso (20 anni dopo) non mi interessa. Wembley è nella mia memoria, come altre trasferte europee. Ricordi bellissimi, ok, ma nella memoria, senza bisogno di celebrazioni pubbliche, tradizionalmente estranee al mondo del calcio. Adesso inizieremo a celebrare periodicamente anche le altre coppe? E le promozioni no? Mi sembra questo mondo stia invecchiando, perso tra commemorazioni, musei e celebrazioni. A me interessa prevalentemente il presente, forse perché mi sento molto giovane
E nel presente vorrei tornare in Europa, o almeno vedere battere il Bologna domenica”. Opinione opinabile come capita ogni volta che si opina: io dico solo che senza passato non c’è futuro. E l’attuale società, prima, non mi pareva molto sensibile ai valori della storia, della sua storia: poi la è diventata grazie al lavoro ai fianchi di tanti –penso proprio a nostalgici e custodi delle tradizioni come Sandro Piovani o come Giuseppe Squarcia di Settore – anche se ora si tratta di fare un passo più in là ancora, perché non si può naufragare nel mare magnum del solo ricordo, ma costruire giorno per giorno una propria precisa identità, per riproporsi, magari, tra una ventina d’anni come modello per chi ci sarà. Gabriele Majo
Dico una cosa a difesa del pubblico di Parma (che potrebbe serenamente farne a meno): tutti sono in grado di riempire uno stadio per il Bayern, il Barcellona o il Real Madrid. È molto più complicato garantire sistematicamente diecimila spettatori anche a fronte di uno spettacolo mediocre come quello cui abbiamo assistito noi quest’anno. Parma è una gran bella piazza: e lo dico non per intercettare consensi o stupidaggini del genere. Il pubblico di Parma non lo cambierei con nessun’altro al mondo: di uno stadio che si riempie solo a comando e solo a certe condizioni, non so che farmene. Ci provassero le altre ad avere dieci undicimila spettatori fissi quando lo spettacolo che propongono è della stessa pasta di quello offerto quest’anno dal Parma.