CARMINA BRASILE / QUEL PALLONE CHE ROTOLA TRA LACRIME E FAVOLE…
(Luca Savarese) – Le lacrime sono quelle per Cleonice e Marcos, una donna di cinquantaquattro anni e un ragazzo di diciotto anni che hanno perso la vita durante i moti di protesta scoppiati in questi giorni in Brasile, dove oltre cinquecentomila persone sono scese in piazza in oltre cento città, per protestare contro la corruzione dei partiti e le spese per il prossimo Mondiale Brasiliano del 2014. Una signora ed un ragazzino che sono morti nello stato amazzonico di Parà e nello stato di San Paulo. Le favole sono quelle che si sentono quando si scoprono storie di pallone che dalle favelas arrivano al calcio vero e, ritornano in mezzo al niente, per dire che è possibile sperare e sognare ancora. Tra lacrime e favole dunque, sembra essere il codice di avviamento postale del Brasile. Destini tristi come quello di Garrincha, che dopo aver dribblato tutto e tutti, non riuscì a dribblare il vizio dell’alcol e passò gli ultimi giorni della sua vita ubriaco, in giro tra un bar e l’altro, nel quartiere Bangu di Rio de Janeiro. Favole appena sbocciate come quella del giovanissimo e bravissimo Neymar. In mezzo, infinite contraddizioni di una terra che più che l‘ordem e progresso come recita la sua bandiera, sembra vivere in questi giorni l’era del disordine e del regresso. Però stasera c’è Brasile-Italia: una proposta di vita contro tanta tristezza. I giocolieri del pallone, contro i seriosi tattici italiani. Sembrava così anche il 5 luglio del 1982, ma bastarono tre minuti (5′,25’e 74′) al nostro Pichichi Paolo Rossi, per dare allo spettacolo carioca il ben servito e per offrire ai nostri sogni mundial, una consistenza mai vista. Brasile che pianse, come pianse in casa al Maracanà quando perse la finale del 1950, sotto gli affilati colpi degli uruguagi Schiaffino e Ghiggia. Effetto disastroso, suicidi e vite che non vanno più avanti. Tornò il sorriso invece nel 1970 e nel 1994, quando Pelè e soci interruppero l’ardore italico appena reduce dai tanti peana per aver battuto la Germania nella partita del secolo dello stadio Azteca di città del Messico,e quando i rigori e due tiri sbilenchi della doppia B nostrana, Baresi e Baggio, regalarono a Taffarel (ex crociato) la coppa numero quattro diventata quinta nel 2002. Si piange o si ride in Brasile, si vive e si muore. Ma, quando gioca la Seleçao, si ricomincia a sperare come davanti ad una vetrina, che il vestito sia quello giusto e, più bello di sempre. Anche quando l’avversario si chiama Italia. Non proprio una formazione alla quale, cucire un abito su misura. Luca Savarese