IL “TIFO DA CONTRATTO” DEL MILANISTA-CROCIATO BERTELLI E IL “TIFO GENUINO” DI CARLO CHIESA DEL GOL DEFINITIVO DI CRESPO…
Caro Gabriele
in questi giorni di gazzarra e polveroni, dove si sono visti i più arditi esercizi di agrimensura per misurare la distanza tra punto dell’avvenuto fallo su Sansone e punto di battuta della punizione di Parolo, io ho preferito guardare e riguardare la punizione di Parolo che entra in rete. Un vero capolavoro balistico (per come fa rimbalzare la palla davanti al portiere) nonché un disastro della barriera che si apre come neanche in parrocchia. Grazie a Parma Channel (e alle condivisioni degli amici su Facebook) mi son potuto godere la prodezza con la telecronaca di matrice parmigiana. Quel “se segna Parolo divento matto” del telecronista Bertelli, sentito e risentito, mi ha però anche fatto sorgere qualche interrogativo che voglio condividere con te e, soprattutto, con i lettori del tuo sito: ma Bertelli non “nasce” milanista? Mi pareva di averlo letto in estate proprio dalle colonne di stadiotardini.it. Ora, che il Bertelli (comunque un ottimo professionista, va detto) tifi Milan, Juve, Brescia, Catanzaro o Lumezzane non è il nocciolo della questione. Fa riflettere come Pellegatti abbia fatto proseliti negli anni: ogni squadra ha il suo telecronista, il Parma si è accodato. Però lasciamelo dire: in taluni casi mi sembra una forzatura, mi sembra un “tifo da contratto” (uso un’espressione forte, ma credo riassuma ciò su cui intendo confrontarmi). Allora credo che la telecronaca di parte (anche se non smaccata, come la preferisco) abbia più senso se fatta da un tifoso vero, come ad esempio poteva essere Carlo Chiesa, che commentò in modo del tutto verace e spontaneo il “gol definitivo” di Crespo alla Juve. Speriamo, se non altro, che il buon Bertelli debba esaltarsi sabato prossimo per altri gol alla Signora.
Saluti
Alberto Dallatana
Ciao Alberto, e grazie per l’interessante spunto di discussione. Personalmente, per indole e formazione, sono contrario alle radio-telecronache “da tifosi”, essendo cresciuto a pane, Martellini, Ciotti e Ameri. All’epoca delle cinque radiocronache diverse del Parma Calcio, prima che Michele Uva sancisse la fine dei pirati e codificasse che ogni club potesse avere una unica radio ufficiale (e ora siamo persino arrivati al punto che la radio ufficiale, a Parma, non solo paghi per avere i diritti di trasmissione, ma addirittura utilizzi come cronisti personale a libro paga del club), il radioservizio confezionato dal sottoscritto, con partner Gianni Barone (e diffuso a reti unificate da Radio Elle, Radio Emilia e Lattemiele) voleva distinguersi non per il tifo, ma al contrario per l’equidistanza, l’equilibrio, l’obiettività, la sportività oltre che per la competenza tecnica (di Barone) e per lo spirito giornalistico libero e indipendente (il mio) di un cronista di cronaca, prestato (e poi regalato…) al calcio, ma di tutt’altra formazione professionale.
Anni e anni dopo, anche se per forza di cose da anni ho dovuto appendere il microfono al chiodo, cerco di promulgare, in forma diversa, gli stessi valori attraverso questo quotidiano on line. Ai decibel che tanto vanno di moda (ma è una moda che non finisce mai?) ho sempre preferito il ritmo. E gli urlatori – come ho sempre detto anche al mio amico Claudio Raimondi, con il quale avevo condiviso l’esperienza nella redazione sportiva di Mediaset – non mi sono mai piaciuti. Uno bravo non ha bisogno di alzare la voce. E anche l’esaltazione del prodotto – tipico delle odierne telecronache – mi pare roba da piazzisti e non da professionisti dell’informazione.
Mi fa davvero piacere che un giovane collega come te, sostanzialmente, la pensi alla stregua di un veterano nostalgico come il sottoscritto. Ma io penso che al di là dei Crudeli e dei Corno (quest’ultimo, prima della trasformazione ad hoc per il piccolo schermo era un serio capo-redattore…) gli stessi Caressa & C. non abbiano fatto il bene del calcio, una volta sport amato e popolare, e ora strumento da salotto.
Carlo Chiesa sa – ma anche i lettori, giacché ogni volta che parlo di lui lo ricordo – che “da purista” anche la famosa radiocronaca del “gol definitivo” di Crespo alla Juve non gliela posso perdonare, anche se ammetto di emozionarmi ancora ascoltandola (… di nascosto, da me stesso…). Quella di Bertelli – mi perdonerà Luca, che con me è sempre stato squisito, sin da quando gli dedicai il primo pezzo, non appena scritturato dalla struttura comunicazionale del Parma FC –, in confronto, è però un surrogato, proprio per le ragioni da te, Alberto, sintetizzate nell’espressione “tifo da contratto”.
Sarò demodé ed antico, ma io ai vari Carlo Zampa e Carlo Alvino – con la loro bocca spalancata e ugola in evidenza – non riesco ad abituarmici: sarà per quello che appena posso faccio un salto nella cabina di Radio Rai, dove i cronisti di Tutto il Calcio Minuto per Minuto continuano ad operare in ossequio a una sana imparzialità. E non posso che condividere il punto di vista, pronunciato fuori onda ieri da Giorgio Gandolfi, durante una pausa di Calcio & Calcio, per cui egli prova un immenso fastidio nel vedere chi esulta in modo smodato in tribuna stampa al Tardini, manco fosse in Curva Nord. Gabriele Majo
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Per me la cosa inaccettabile è che uno che lavora nel settore comunicazione del Parma Calcio sia anche il telecronista ufficiale di Radio Bruno (che è, fino a prova contraria, un’emittente libera e indipendente). Che credibilità può avere la telecronaca del pur bravo Bertelli?
Fin che fa le interviste per Parma Channel o scrive sul sito del Parma ok, ma in veste di commentatore per Radio Bruno penso che rappresenti un conflitto di interessi evidente.
Ve lo immaginate l’addetto stampa della Barilla che scrive un articolo su una rivista di alimentazione? Potrà mai scrivere che la pasta Barilla non è buona?
Ve lo immaginate se l’addetto stampa del sindaco Pizzarotti fosse al tempo stesso un collaboratore della Gazzetta e scrivesse i resoconti dei consigli comunali?
Beh, nella parte conclusiva del suo intervento, Vladimiro, si parla di situazioni tutt’altro che fantascientifiche…
Le telecronache urlate sono, purtroppo, diventate la regola, mentre quelle dai toni un po’ meno epici e un po’ più equilibrati costituiscono l’eccezione di un’offerta televisiva che pretende di attirare e tenere desta l’attenzione del pubblico in un solo modo, e cioè alzando la voce, ma senza proporre dei contenuti che siano veramente interessanti. Gli scienziati della comunicazione o del marketing o di chissà quale altra bizzarra materia, giustificano le prime dicendoci che urlare, drogare prodotti di scarsa qualità – come le sono le gare della nostra massima serie – facendone dei pezzi di altissima fattura, serve a vendere meglio ciò che, ricorrendo a tecniche di vendita un tantino più eleganti, solo in pochi comprerebbero. Ci raccontano anche che alla gente piace il calcio urlato, mica quello dei Ciotti, dei Carosio, degli Ameri, dei Cucchi e dei Forma. Non so se alla platea di telespettatori piacciano i telecronisti urlatori (a me, in tutta franchezza, nemmeno un po’), ma so che i ‘padroni del vapore’ hanno fatto o stanno facendo di tutto perché a quegli spettatori finiscano per piacere quei telecronisti. Con me, lo ripeto, non ci riusciranno: meglio un solo Bizzotto che cento Caressa.
Io Bizzotto lo ascolterei per ore. Per lui mi sono messo a guardare anche una partita di hockey.
Il “commento tifato” va molto di moda in questi ultimi tempi, perché è un tifoso come chi guarda la partita (e per quanto appena letto, almeno si spera). A me non dispiace ascoltare dei “tifosi” perché mi diverto, anche se è fatto pro-squadra avversaria (quello del Napoli su Sky lo è veramente); tuttavia preferisco un commento pacato (che però aumenta con l’intensità dell’azione se no risulta monotono e noioso).
Di conflitti di interesse tipo quelli che diceva Vladimiro ce ne sono tanti nel mondo del calcio, andatevi a vedere chi gestisce la comunicazione di Udinese e Novara per esempio.