TERMOMETRO MONDIALE, QUARTI DI FINALE: HUMMELS UBER ALLES E CIAO CIAO FRANCIA. IL BRASILE RICOMINCIA A GIOCARE: LA FAVOLA DELLA COLOMBIA SI FERMA A FORTALEZA
(Luca Savarese) – Ci eravamo presi una pausa dal racconto del mondiale, dopo l’uscita indecorosa della nostra Nazionale dalla Coppa del Mondo brasiliana, con il desiderio, neanche troppo sbandierato, di ritornare non appena la fase si sarebbe fatta caliente e la posta in gioco, importante. Quindi rieccoci, ora che i quarti si sono compiuti, ora che manca una sestina giusta di partite al termine della rassegna iridata numero 20 della storia. Il pomeriggio, o meglio il nostro pomeriggio europeo e la loro ora di pranzo sudamericana, si era aperto, ieri, con il derbissimo europeo tutto franco-germanico. Tra Baudelaire e Goethe alla fine ha prevalso quest’ultimo e
Deschamps, onorevolissima la gestione dei transalpini al mondiale da parte dell’ex giocatore prima e tecnico poi juventino (cari azzurri ecco cosa avreste potuto fare, fermarsi semmai a questa asticella, non prima, non così brutalmente) nel suo esiguo cahiers des doleances ora redige i nomi delle sue rose, divenute sul terreno del Maracanà, improvvisi fiori del male, come Benzema o come Valbuena. Continua il tour de le Bresil per lo sturmunddrang di Low, che con la testa solida di Mats Hummels, inchioda la Francia e stappa una grossa pinta di birra per la semifinale raggiunta, dimostrando, che nei tornei mondiali ed europei, la
Germania la sua parte da leone, la fa sempre, e difficilmente, riesce a stare in gabbia. La Germania ed il suo difensore chiama, il Brasile ed i suoi difensori, rispondono: per carità nel Castelao di Fortaleza, nessuna prova di forza e nessun castello, ma una prestazione finalmente quasi all’altezza della classe, del patrimonio, della nomea che anima i brasiliani costitutivamente. Alla paura costante vista nell’ottavo al cospetto del Cile, è stato preferito il desiderio di fare la gara, di lasciare il segno con continuità e convinzione. Non si segna subito e per giunta con un difensore (Thiago Silva il colosso capitano ora anche goleador è un pezzo
pregiatissimo della, forse ormai non più sonnecchiante, Scolari-band) se non lo senti prima dentro. Non si trova il raddoppio se prima non te lo immagini. David Luiz, anch’egli di professione difensore centrale, prima di calciare meravigliosamente quella punizione, deve aver in una manciata di veloci, ma eterni secondi, riguardato la cineteca delle punizioni in verdeoro: ha rivisto i fendenti taglienti di Branco, le mine mirabolanti di Roberto Carlos, due difensori come lui, ed allora ha prepotentemente voluto iscrivere anche il suo nome in questa particolare dinastia di difensori brasileri cecchini impuniti delle punizioni. E c’è riuscito, trafiggendo un Ospina non proprio attentissimo. Il Brasile piano piano, passo dopo passo, ha messo le prime due marce e siccome è il Brasile, gli bastano per ottenere il pieno bottino. La Colombia, da far suo, come Cristo ad Eboli, si è fermata a Fortaleza, Pekerman in novanta minuti ha avuto un bisogno tremendo di quello che Scolari ha avuto in questi giorni: una guida psicologica. I Cafeteros, in un’inedita veste rossa, sono arrivati a giocarsela contro il Brasile, con la pancia un po’ pienotta; Cuadrado, che di solito sembra un omino dei videogiochi, corricchiava svogliato ed accidioso per tutto il campo, Ibarbo è stato un lontano parente della pantera vellutata e letale apprezzata molte domeniche dai tifosi del Cagliari. Quando James Rodríguez ed i suoi si sono svegliati, ormai il Brasile aveva già iniziato a sognare. I complottisti diranno che Julio Cesar andava espulso, mica ammonito per il fallo su Bacca. Può essere, questa volta, però, rispetto al ladrocinio intrapreso dalla Selecao ai danni della povera Croazia nella prima gara di questa kermesse, è sembrata più una valutazione dubbia che una direzione a senso unicamente verdeoro. Scolari va così avanti. I suoi di scolari, iniziano ad ingranare. La prossima coi tedeschi ci racconterà, se davvero sono pronti per l’esame di maturità. Luca Savarese
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