IL COLUMNIST / LA COPPA ITALIA DELLE SORPRESE

(Luca Russo) – Si può scomodare il Calais dopo che lo abbiamo già fatto ieri pomeriggio per narrarvi l’epica impresa dell’Alessandria in quel di Genova nel primo ottavo di finale di Coppa Italia andato in onda l’altra sera? In teoria no, e in verità nemmeno nella pratica. Perché di Calais ce ne servirebbe un altro per rendervi conto di ciò che è successo poche ore fa all’Olimpico di Roma. Ma ne siamo rimasti a corto. Del resto, non è che il pallone sia una fabbrica di storie a lieto fine, ed è già tanto che occasionalmente ce ne regali qualcuna capace di scaldarci e coccolarci il cuore. E allora ci accontentiamo di raccontarvi quanto abbiam visto coi nostri occhi, e non attraverso le lenti della storia, nello stadio capitolino, teatro di un altro ottavo di finale di Coppa Italia, il terzo della serie, quello tra Spezia e Roma. Dopo un combattimento che si è protratto fino ai supplementari e che soltanto i calci di rigore son riusciti a interrompere in favore di una delle due contendenti, la truppa di Di Carlo, con residenza in serie B, ha eliminato nientemeno che l’armata (non più invincibile e spettacolare) di Garcia, fresca di trasloco agli ottavi di Champions League. Come se lo sceneggiatore oscuro di questa manifestazione volesse farci fare indigestione di storie strappalacrime, il giorno successivo alla favola dei grigi piemontesi, eccovi servita quella dei bianconeri liguri. Che sia la Coppa Italia delle sorprese? Dal momento che abbiamo appena varcato la soglia delle top sixteen, non ci è dato saperlo. Ma il sospetto sta iniziando a venirci. Impeccabile la prova degli spezzini, mai sguaiati in copertura e piccanti quanto basta in fase di costruzione. Nel primo tempo, ma anche nella ripresa e in minima parte nei supplementari, laddove sono stati i crampi, e non la tecnica, a impadronirsi delle inquadrature televisive, le migliori occasioni le hanno prodotte proprio loro: prima con Nené (provvidenziale il salvataggio in scivolata di Castan), poi con due siluri scagliati da Catellani e Situm, e intercettati dall’onnipresente Rudiger, che il match, alla pari del suo collega di reparto, lo ha chiuso quasi su una gamba sola e che è stato autore di una prestazione tutto sommato decorosa se comparata al modo in cui del centrale difensivo di nazionalità tedesca se ne parla sui giornali e nelle radio romane. L’undici giallorosso non ci è piaciuto, e di questi tempi non è che sia una grossa novità. Tra Barcellona, Torino, Bate Borisov e Napoli, la Roma non è mai riuscita a sedurci col bel gioco che ci aveva fatto assaggiare ad inizio stagione. La tendenza, inequivocabilmente negativa, è stata confermata anche dai novanta minuti di coppa. Dzeko costantemente fuori dal match, Salah lontano da una condizione fisica perlomeno accettabile, linea mediana a tratti imbarazzante e in altri frangenti deliziosa, e il solo pacchetto difensivo in grado di guadagnarsi la pagnotta e una sufficienza piena. Se quella ammirata, si fa per dire, all’Olimpico capitolino è una formazione che ambisce al tricolore, beh Inter, Napoli, Fiorentina e Juve, in rigoroso ordine di classifica, possono dormire sonni più che tranquilli: tra i mirini puntati sullo scudetto, quello dei giallorossi o non lo troveranno, oppure lo troveranno orientato decisamente male. Poi, chiaramente, ci sarebbe anche da dare allo Spezia ciò che è dello Spezia. Di Carlo ha imbrigliato il suo collega più illustre con una formazione né troppo altezzosa né troppo guardinga, ma intraprendente e allo stesso tempo abbottonata il giusto, che non ha avuto paura di fissare negli occhi una Roma tutt’altro che imbottita di seconde linee, e anzi trapunta di titolarissimi. Il fatto che De Rossi e Florenzi siano stati lanciati nella mischia diversi giri di lancette prima che si materializzasse lo spettro dei supplementari, la dice lunga sulla voglia che Garcia aveva di superare il turno e non vedersi somministrare l’ennesima contestazione dell’anno. Però torniamo ai vittoriosi ospiti, tra i quali, va detto e specificato a chiare lettere, non ve n’è stato manco uno al di sotto non solo della sufficienza, ma perfino della perfezione. Nené di fatto ha dovuto cavarsela da solo lì in avanti, e, malgrado la stanchezza che lo ha stretto in una morsa nei minuti conclusivi dell’incontro, ci ha convinti; Situm si è diviso con inimmaginabile disinvoltura tra la voglia di ricamare e battere le affascinanti rotte del gol e la necessità di recitare da raccordo tra gli uomini di posizione e coloro con licenza di andare a portare scompiglio nei pressi di De Sanctis, e anche lui in generale si merita un voto più vicino all’8 che non al 7; Migliore, poi, sulla fascia di competenza, quella mancina, ci è sembrato un esterno da top club, uno alla Dani Alves per capirci, non un terzino sinistro di cadetteria: dalle sue parti non è passato manco un alito di vento. Se a questa somma parziale ci aggiungiamo le parate di un Vannucchi posseduto dalla leggenda di Peter Schmeichel, capirete come il totale non possa essere che uguale alla qualificazione dello Spezia ai quarti di finale. Per la delusione mista a irritazione dei pochissimi romanisti accorsi allo stadio; la gioia, incontenibile, dei tremila tifosi giunti dalla Liguria; e la quasi incredulità di quel signore che alla fine di novembre è subentrato a Nenad Bjelica. A proposito di Di Carlo: il suo nome ci costringe a ritrattare quanto abbiamo vergato in apertura di articolo. Non è affatto vero che ci servirebbe un Calais di scorta per rendervi l’idea di ciò che è accaduto oggi pomeriggio nella capitale. No, ci basta ricordare che proprio Di Carlo era il vicecapitano del Vicenza che nel 1997, da matricola terribile o outsider che dir si voglia, dopo aver buttato fuori nell’ordine Lucchese, Genoa, Milan e Bologna, inaspettatamente conquistò la Coppa Italia in un doppio confronto piuttosto acceso col Napoli allora allenato da Vincenzo Montefusco. La stagione successiva quel Vicenza si spinse fino alla semifinale di Coppa delle Coppe, uscendone sconfitto per mano del Chelsea di Zola, Vialli e Di Matteo e di un direttore di gara che della semifinale di ritorno ci capì poco se non addirittura niente. Ma questa è una storia che non abbiamo il tempo di rispolverare, non stasera perlomeno. Perché stasera c’è spazio solo per la favola dello Spezia, che nei quarti di finale affronterà l’altra favola del tabellone, l’Alessandria di Gregucci. C’è la certezza, insomma, che almeno in semifinale una delle due fiabe ci arriverà. E se Di Carlo dovesse bissare quel successo che ha ottenuto da calciatore anche nelle vesti di allenatore, di allenatore di una delle tre cenerentole rimaste ancora in pista nella rassegna, allora entrerebbe di diritto nella storia del calcio italiano. E un giorno potrà raccontare ai suoi nipotini che “c’era una volta una piccola squadra di serie B che doveva sfidare uno squadrone di massima serie e…” puntini puntini puntini.

Poscritto – Intanto la coppa nazionale fa un’altra vittima piuttosto celebre: con una rete di Di Gaudio ad un quarto d’ora dal termine delle ostilità, il Carpi ha eliminato a domicilio la Fiorentina di Sousa. Nei quarti di finale incontrerà la vincente del confronto tra Milan e Sampdoria. Adesso ne siamo certi: questa è la Coppa Italia di chi proprio non t’aspettavi. Luca Russo

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