CARMINA PARMA di Luca Savarese / THOMAS, RAGAZZO SVEDESE IL CUI PADRE STRAVEDEVA PER BROLIN…
(Luca Savarese) – Domenica mattina, Milano si sveglia col sole e con l’Inter che se non proprio a riveder le stelle, esce dal torpore delle ultime sue prove. Autobus numero 649, Molino Dorino, quartiere meneghino in direzione di Rho Fiera. Da qui passa l’unica corriera, e mica ad ogni ora, è pur sempre un giorno festivo, che conduce dal capoluogo lombardo a Busto Garolfo, paesotto dell’altomilanese, dove, alle 14.30, stesso orario del kick-off di Forlì-Parma, prenderà il via Bustese Roncalli-Piacenza, gara che racconterò per re frequenze amiche di RadioSound. Sono le 9, tutti i bar della stazione metropolitana rigorosamente serrati, come la difesa del Milan degli Immortali e degli Invincibili, di cui ,proprio ieri, è ricorso il trentennale di presidenza berlusconiana (Auguri!) Va bè che a casa ho già sorseggiato il
caffè ed un ovetto di cioccolato, ma un cappuccio ed un croissant stile pasticceria Torino sita in Parma, sovente tappa di luculliane colazioni con il direttore Gabriele Majo nelle mie comparsate nel ducato, non farebbero per nulla male. Provo a vedere se un po’ più in là qualche piccolo bistrot si erge, basterebbe anche un chioschetto stile balnerare. Ma siamo in città, nella megalopoli milanese, che nemmeno il poeta greco Teocrito nelle sue Siracusane avrebbe immaginato più monumentale della pur grande Alessandria d’Egitto da lui descritta, ed ecco la colazione: tonnellate di cemento innalzate verso l’alto servite sotto il naso. Sembra “La città che sale” di Boccioni, intanto il sole scende, intanto le ore 10, orario previsto per la partenza, si avvicina. Palazzi
grigi ed elevati al cielo, fanno venire tristezza. Ma le grandi multinazionali delle assicurazioni sono assicurate qualche volta ad un briciolo di felicità nel loro grigiore spettrale? Mi risuona in testa una frase di Gaber all’interno dell’ ”Illogica Allegria “E’ come se mi fossi preso il diritto di vivere il presente”. Voglio prendermelo anche io oggi questo diritto, anche se non seguirò il mio Parma, ma il Piacenza, che seguendolo mi sta piacendo, ma mai quanto i crociati, primi ed unici in pectore meo. Si parte, siamo in sette. Due anziane e chiacchierone signore con in mano la borsa della spesa che emana odore di sedano, un ragazzo con un acne pronunciata, due filippini silenziosi, io ed un biondo ragazzotto con sullo zaino azzurro uno stemma della Svezia. Sembra simpatico, abbozza un sorriso. Non è distante dal posto, in fondo, che ho occupato io. Il viaggetto sarà lungo un’oretta, magari, penso, scambierò qualche battuta con lui. L’autista si lamenta perché un signore si è dimenticato la macchina con le doppie frecce e fa fatica a passare con quel dinosauro di lamiera per usare un’espressione del cantautore lariano Van Des sfroos. “Nessuno, da anni, rispetta più nulla e tutti mi mancano di rispetto”, bofonchia, ma cos’è, Totti due? Ah no, tutti ha detto e non Totti...Il presunto svedese mi guarda e se la ridacchia. Anche io sorrido e mi lancio: “Ciao sono Luca, sei svedese per caso?” “Ciao Thomas Andreè, piacere” “Ho visto lo scudetto sullo zaino?” gli chiedo. “Si, mi piace farmi riconoscere da dove vengo”. Parla l’italiano benissimo. Mi dice che è nato in Svezia e che è in Italia da quando aveva quattro anni e che abita a Pavia. Gli chiedo in che anno è nato, mi dice 1993. Ha 23 anni. Sin dall’inizio della nostra conversazione volevo fargli la domanda, che quasi ora mi esce spontanea: “Io tifo Parma e nel Parma ci giocava uno svedese che si chiamava Thomas Brolin!”. Alla sua risposta, mi sembra di non essermi alzato dal letto e di essere ancora sul cuscino in attesa della sveglia per andare a Busto Garolfo. “Io mi chiamo Thomas proprio per lui! Mio papà era un suo grande tifoso quando era nel Sundsvall, dove mio papà è nato e dove Thomas ha giocato dal 1987 al 1989, da ragazzo mio papà aveva la camera piena dei suoi poster!” Io pendo dalle sue parole come le sentinelle all’aurora, anche se l’aurora è già passata da un po’. Ma quante possibilità avevo di vedere un ragazzo svedese che sapeva di Brolin e per di più che ne portava il suo nome, sopra un freddo e sgangherato bus blu che stava andando a Busto Garolfo? In poche parole, gli racconto di me, del Parma, di Brolin, di come a Parma sia amato. Lui sarebbe sceso ad Arluno, poche fermate dopo che avevamo cominciato a parlare, dove andava a trovare un amico. E’ a Milano per qualche giorno, sta da una zia che non sta bene. Non voglio fargli una foto, magari crede che sia uno stalker o qualcosa del genere, sulla pellicola del cervello mi rimane però impresso il suo faccione. Il mio viaggio poi sarebbe continuato, con l’arrivo in quel di Busto Garolfo, una ricerca per trovare una pizzeria aperta, un passaggio da uno sconosciuto gentile verso l’unico kebabbaro aperto, un cappuccio in un bar servito da una cameriera caraibica che a Busto Garolfo somiglia tanto ad una tesserina di un mosaico ravennate finta per caso in campagna, e poi il racconto della squillante vittoria dei lupi piacentini di Arnaldo Franzini, ma io, avevo in testa solo quel ragazzo, Thomas Andrè, Thomas come Brolin, perché suo papà stravedeva per l’ala. Anche quando seguo il Piacenza, in fondo, il Parma non mi abbandona mai. Luca Savarese
Il Piacenza ha il record di punti in D?