CARMINA ADDII di Luca Savarese / E svegliarsi la mattina senza più Gigi, Lorenzo, Andrea e Nevio…
(Luca Savarese) – “E svegliarsi la mattina, questo mi fa stare bene…”, cantano gli Zero assoluto. Con assoluto stupore invece è avvenuto questa mattina il risveglio dei tifosi e degli amici del Parma quando si sono accorti della bufera che in serata aveva colpito e affondato l’area tecnica: via in un sol colpo Gigi Apolloni dalla panchina, Lorenzo Minotti da responsabile dell’area tecnica, Andrea Galassi dalla carica di direttore sportivo e dimissioni di Nevio Scala dalla presidenza del consiglio di amministrazione. Come fare colazione accanto ad un vulcano, appena eruttato. E svegliarsi la mattina, questo fa stare male, malissimo. Via, ex abrupto, i volti di quella piccola, ma consistente gloriosa renaissance parmense, iniziata quel 30 giungo del 2015 quando nasceva
il calcio biologico di un Parma trasparente, senza fertilizzanti. Infatti i fertilizzanti non sono serviti, ma nelle alte sfere, si è preso direttamente l’aratro per sotterrare le persone che rappresentavano il ritorno a quella terra buona, che altro non era che lo zoccolo duro del Parma mitico e mitologico degli anni ’90 trapiantato nel contesto di una società appena nata. Non salta una singola testa, ma un intero pacchetto: Apolloni, Minotti, Galassi. E di conseguenza, per coerenza se ne va, amareggiato, anche l’agricoltore, il papà, il contadino: Nevio Scala. Fatale, alla squadra, la sconfitta, senza nemmeno provare a combattere contro il Padova al Tardini sabato pomeriggio, fatale un atteggiamento generale da “Vinceremo a mani basse la Lega Pro” che poi strideva in campo, quando invece che dare del tu alle partite, si subivano, e non in un caso sporadico, le iniziative, il gioco, le idee di corazzate più abituate alla categoria e forse più umili come Venezia e Feralpisalò, che son venute all’Ennio a fare due precisi scalpi. Lo scorso anno si era fatto il Parma, protagonista con il vento in poppa in serie D, quando il divario con le squadre era netto ed a volte, anche imbarazzante. Peana pronti e quel torneremo in serie A nelle teste dei pezzi grossi forse, senza tener conto del presente e delle sue esigenze, di una Lega Pro che si deve vivere sul campo, partita dopo partita e non congelata in preconcetti da super uomo e con quello snobismo da chi, in un angolino della testa, pensa che in B ci arriverà lui. Per grazia ricevuta? In fondo anche lo stesso Venezia, Pordenone , Bassano, Sambenedettese lo pensano, ma con la differenza che hanno giocato nei momenti in cui, il Parma, è rimasto a pensarlo. Fatto il Parma dunque non si sono fatti i parmensi, non si cioè è data ai giocatori quella fame infuocata capace di farli correre a manetta sul terreno di gioco e gli atleti, a loro volta, non hanno dimostrato un amore lucarelliano alla maglia, quasi accontentandosi di indossare quella casacca senza poi ricordarsi di nobilitarla, di amarla, di togliersela a fine partita, magari sconfitta, ma almeno madida di sudore e di impegno. Giusta la decisione di non infierire solo sull’allenatore, ma di allontanare anche Minotti e Galassi. Un tris di addii imposti e un addio spontaneo, che vale per tre. Cambiare può starci, ma sradicare quel presente di fatto appena nato e che sapeva di famiglia, era davvero l’unica soluzione possibile? Se si erano riproposte scintille solide di quel Parma stellare che era durato ed aveva incantato in Italia ed in Europa per 6 anni, dal 1989 al 1996, perché tranciarlo come un pollo quando era appena una nebulosa senza dargli la possibilità di brillare ancora (la dirigenza non ha evidentemente ripassato la storia del Parma: esattamente 20 anni fa il neonato Parma di Carlo Ancelotti stentava di questi tempi ed offriva un gioco piuttosto deprimente poi sotto Natale, ecco Mario Stanic ergersi sopra la difesa milanista e dare il là, a San Siro, ad un rimontone da paura che portò, quel gruppo, a finire il campionato a 63 punti, a meno 2 dalla Juve). Ora il Parma era a soli quattro punti dalla vetta e non certo fuori dai giochi. E’ stata, anche, una decisione figlia della fretta del fast foot dirigenziale del terzo millennio, che prima proclama, poi smentisce e distrugge per riproclamare rismentire e rimandare al mittente. Ora inizierà un nuovo corso, nuove parole si sprecheranno. La cosa immediata, sarà ridare idee e motivazioni, fin da subito. Certo con un Nevio alle spalle era tutto più sicuro. Ora bisognerà lavorare e reinventarsi una dimensione, anche se quel papà con l’aria da nonno, mancherà moltissimo. Luca Savarese
Per quanto voglia bene a Nevio, ho paura che ormai fosse diventato vittima del suo personaggio da calcio biologico. L’allontanamento più giusto è comunque stato quello di Minotti, uno che mi pare se ne fregasse abbastanza del Parma. Tanto aveva Sky da soddisfare.
Condivido tutto questo lo possono dare sonetti e papadopulo che usanno il badtone e lacarota autoritari e che non regalano niente si giocatori
A me non mancherà per nulla. Sono allergico alla demagogia ed al proclamarsi “diversi” per forza.