CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / Collabente. Nella vita, prima o poi, arriva sempre qualcuno più bravo o più furbo. E nel calcio?
(Gianni Barone) – La sfida di semifinale fra Parma e Pordenone ripropone un tema che, aldilà delle due gare di campionato vinte dai Crociati, è molto sentito e cioè quello del cosiddetto calcio propositivo in luogo di quello speculativo. In poche parole il tema (tattico) è sempre lo stesso: è meglio vincere attraverso il gioco manovrato e di attacco o è preferibile attuare una tattica di attesa, difensiva per colpire con azioni verticali di rimessa? In altre parole cos’è preferibile, tra i due atteggiamenti quando la posta in palio è veramente grande e vale tutta una stagione? E’ ovvio che proponendo discorsi di questo genere occorre tirare in ballo la storia recente, non solo delle due squadre, ma quella dei due allenatori che le guidano. Roberto D’Aversa e Bruno
Tedino, i quali per vocazione ed indole, sulla carta, non appartengono certo alla schiera, ormai estinta, sepolta e collabente dei catenacciari, o meglio di coloro che coltivano l’idea di un gioco sparagnino votato alla difesa e al contropiede in maniera evidente e sfacciata. Anzi entrambi appartengono, non diciamo all’èlite, ma al quel gruppo di allenatori, qualificatisi, tali, ai master dal 2000 in avanti, con spiccate caratteristiche di tecnici portatori di un’idea sana di calcio offensivo o per lo meno propositivo. Infatti entrambi innamorati del 4-3-3 che può diventare, nel caso di Tedino di
quest’anno 4-3-1-2, con un’impronta ben precisa di gioco che sfrutta la presenza di giocatori offensivi. Questo sulla carta, ma anche sul campo, quando si sono sfidati al ritorno abbiamo assistito ad una gara tutt’altro che bloccata, tutt’altro che banale, con gli attacchi che hanno avuto la meglio sulle difese, con la garanzia di uno spettacolo che tanto piace ai tifosi, agli sportivi e diciamo anche agli esperti e agli esteti del calcio che popolano i salotti televisivi. Dopo gare come quelle di campionato, e ci mettiamo pure quella d’andata, quando il Parma era guidato da Apolloni, molti sono stati concordi nell’affermare che la via del gioco, bello e spettacolare, è quella giusta da percorrere per ottenere risultati positivi. In quell’occasione, forse la miglior partita, o meglio il miglior secondo tempo dell’intera gestione Apolloni, si era evidenziata la grande forza offensiva del Pordenone (miglior attacco del girone), capace di attaccare con molti giocatori, tenendo un ritmo altissimo, quasi frenetico, lo ricordiamo, che però prestava il fianco, in mancanza di adeguate coperture, ai
contrattacchi avversari, letali soprattutto nella parte finale. Attenzione ho parlato di contrattacchi e non di contropiede, perché il Parma di allora, dopo aver subito il Pordenone nella prima frazione incassando due gol, nelle ripresa scelse di attaccare a sua volta i ramarri costringendoli a difendersi troppo bassi, quindi in maniera rischiosa in modo di riuscire a recuperare e ribaltare il risultato. Difesa del Pordenone, non altezza, come nella parte finale della gara di ritorno, questa volta con D’Aversa in panchina, stesso scenario, difesa bassa schiacciata che subisce gli attacchi avversari e perde ancora. Dopo questi ricordi si ci potrebbe sentire
autorizzati all’ottimismo, però la storia delle partite non si può ripetere alla perfezione, nel frattempo, qualcosa è mutato negli atteggiamenti delle due formazioni, quindi occorre fare i conti con alcune variabili, che di sicuro incideranno e che hanno segnato le precedenti gare di qualificazione delle due squadre. Vi sono stati mutamenti anche di mentalità, mi chiedo, nelle ultime partite del PARMA? Mutamenti che hanno portato la squadra ad essere più matura, più cinica, forse, più capace d’interpretare nel migliore dei modi le varie fasi della partita? La risposta è sicuramente si.
E una nuova domanda, che io avevo provato a fare in diretta TV, a BAR SPORT, al Direttore (video sopra dal minuto 7) è stata questa: “Il PARMA, in semifinale farà una gara d’attacco, o cercherà di non scoprirsi, di contenere gli attacchi avversari, per cercare di ripartire, come ha fatto nella gara di ritorno con la Lucchese?” Purtroppo l’interessato ha preferito declinare l’invito a rispondere dichiarandosi non destinatario di quesiti tecnici. Peccato: il parere di un dirigente che segue dal campo la sua squadra sarebbe stato interessante. Ma quale partita sarà è difficile prevederlo anche perché Tedino deve inventarsi qualcosa di nuovo, ha tutti gli attaccanti titolari fuori, mentre D’AVERSA non dovrebbe accantonare le idee tattiche che gli hanno permesso di superare il turno con la Lucchese.
E a proposito di idee ripercorriamo la storia dei due tecnici e alcune loro dichiarazioni o considerazioni di natura tecnica. Sappiamo che gli allenatori, andrebbero giudicati da quello che fanno e non da quello che dicono, o per lo meno non solo da quello che dicono. E proprio per una parola detta dal tecnico del Pordenone a un solerte delegato di Lega stava per costringerlo a seguire la sua squadra non dalla panchina, ma dalla tribuna. Il Tribunale sportivo, tuttavia, ha accolto il provvedimento d’urgenza commutando la sanzione in 500 euro di multa. Spulciando nella storia di Tedino si capisce che tipo di tecnico è. Molti non sanno che al Corso Master per allenatori del 2008, il massimo dei voti, cioè il fatidico 110 e lode, è stato
ottenuto solo da tre tecnici: Ciro Ferrara, Alessandro Costacurta, detto Billy, e Bruno Tedino appunto. Mentre i primi due, attualmente, preferiscono gli accoglienti studi televisivi di Sky e Mediaset Sport, il terzo, senza passato illustre da calciatore, dopo tanti anni di settore giovanile , ha continuato seguire il calcio dalle poco comode panchine della Lega Pro, con la parentesi alle nazionali Under 16 e Under 17, portando avanti le sue idee di calcio propositivo, infatti il tema della sua tesi era “La costruzione del gioco dal basso con conclusione a rete”. Un tema che è tutto un programma al contrario di quelli sviluppati nelle tesi degli altri due secchioni (tipo “alla Majo”)
di quel corso, cioè Ciro (un bacio a papà…) che presentò “Il concetto di marcamento della difesa a uomo e a zona” (troppo scontato, sdong) e Billy che propose “L’allenatore e la gestione delle risorse umane” (troppo aziendalista, del resto con quella scuola…). E rimanendo in tema di tesi quella di D’AVERSA al master allenatori s’intitolava all’incirca “Gestione delle palle inattive” anche questo argomento interessante e utile da sfruttare e proporre in gare secche come quella di Semifinale. Per la cronaca quando si diplomò D’Aversa, non sappiamo con quale voto, al Master 2015, i migliori non erano illustri come quelli di Tedino, ma due Carneadi che pare allenino all’estero, LORENZO RUBINACCI, avvistato a Miami, e Giovanni Solinas, negli ultimi anni in giro tra l’ Algeria,
Medio-Oriente e Sud Africa. Il più conosciuto di quel corso è da considerare Leonardo Semplici coach che ha condotto, quest’anno, in serie A la Spal. Ma dopo queste divagazioni mi pare interessante, per inquadrare il personaggio, la seguente frase pronunciata da Tedino in una conferenza tecnica “Non sono i numeri del modulo (sic) a fare la differenza, ma gli sviluppi su come andare a scalare sull’avversario, per esempio, così come i campi e il clima non sono gli stessi e si devono sempre studiare più cose, più componenti. Quando hai ragazzi intelligenti che sono disponibili, allora li indirizzi meglio di giocatori, magari, più bravi che non sono disponibili: un puzzle se ha pezzi belli, ma che non si incastrano, non lo finisci…”
Tutto chiaro no? E a parte, l’uso della parola modulo in luogo di sistema di gioco, forse imperdonabile per uno che ha preso 110 e lode, tutto condivisibile nell’ottica di uno come Tedino (Schiroli) che ha sempre guardato con interesse al “Sacchismo” e al “Guardiolismo” per il gioco palla a terra e per il recupero della palla in 3-4 secondi per quando riguarda le transizioni positive. Però per uno come lui vale la lezione impartitagli dal padre con la seguente affermazione “Occhio, nella vita prima o poi arriva sempre qualcuno più bravo o più furbo”. In poche parole riedizione, per il calcio, della massima sacchiana “Nel calcio ci vuol oc, pasiensa e bus dal cul”. E credo che l’ultima locuzione sia importante in tema di semifinale Play off, per tutti. I ciocolaté non me ne vogliano. Gianni Barone
ARTICOLI E CONTRIBUTI MULTIMEDIALI CORRELATI
Certo che s e il.Pordenone non recupera gli infortunati la vedo dura per loro,a,meno che fanno pretattica
Tedino è un ottimo allenatore..grande conoscitore dei giovani e la sua squadra è due anni consecutivi che arriva ai playoff…
Ci farei un pensierino se le cose con D’aversa non dovessero andare bene,,,
nel calcio sempre, e le palle inattive e’ un concetto a doppio “taglio”

Non c’è 2 senza 3, però essendo una semifinale playoffs questa è una partita a parte. Dovremo essere bravi a non farci prendere dalla frenesia perché potrebbe tranquillamente finire ai rigori.
Senza Stefani, Arma, Berrettoni avete ancora paura? Pensiamo a sabato prossimo che è meglio. 4-0 senza storia PUNTO!!!
simone non aver paura a sbagliare un calcio di rigore
Ricostruzione delle gare di campionato per me impeccabile, martedì però dubito che giocheranno a viso aperto
Tedino è uno dei tanti fuoriclasse della lega Pro… Il Parma va in crisi quando gli altri si chiudono e lui farà il contrario…