CARMINA ERNESTO / 30 ANNI SENZA CERESINI, L’INCENDIARIO VIRGILIO DEL PARMA CHE SI SPENSE POCO PRIMA DEL PARADISO DELLA SERIE A
(Lucas Savarese) – “E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica“. Così parlò Nietzsche. Sì, Ernesto Ceresini era un pazzo ma d’amore, per il Parma. Mentre lui danzava e faceva danzare il sogno di portare una squadra di provincia nel gran galà del calcio che conta, molti suoi colleghi no, non potevano sentire la musica graffiante della rivoluzione dei sogni né ascoltare il timbro aggressivo dei sogni di rivoluzione. Per dirla coi Negrita, c’era chi era incapace a sognare e chi, sognava già. Il suo sogno, ah niente voli pindarici né oliosi romanticismi ma tutta roba a portata di occhi e di mani, ben radicata alla terra, come il salame della sua Felino, dove egli nacque. Precisamente San Michele Tiorre, frazione del comune di Felino, un castello, quello di Torre dal quale dipendeva il comune in epoca medievale e una chiesa, quella di San Michele, al centro del paesello. Già, castello e basilica, ecco che cosa è stato il geometra Ernesto per il Parma. Ha isolato, come fanno i castelli, la società crociata dal buio da dove verteva, nel 1976, anno in cui ne divenne il presidente. Ha custodito, a guisa di solida basilica,
sforzi e sospiri, giornate storte e improvvise armonie, ci ha rimesso le penne, come fanno gli innamorati. “Il Sig. Ceresini è un imprenditore edile e comproprietario di un albergo e di un ristorante. Da quattro anni presidente ed amministratore unico del Parma. È vedovo, con tre figli: Fulvio, Dante e Silvia. Dicono di lui: ha avuto la sua rivincita, se così si può dire. Ha costruito la sua fortuna professionale fuori Parma, poi è rientrato con giusto orgoglio per dimostrare che col lavoro aveva raggiunto il successo, realizzandosi, come aveva sempre voluto” Così lo dipinse la scheda del mensile “Tutto B” nella primavera del 1980, quando Ernesto aveva rilevato la società ducale da quattro anni. Più Caravaggio che Leonardo, nessun cenacolo in bello stile ma con pochi e focosi tratti sapeva dare il via alla tela. Ecco la sua tecnica, accendere per primo l’interruttore della luce, poi diventato, nel tempo, lampione quindi led. Il cuore però, oste fiscale che di ogni pasto d’ebbrezza tiene conto, non ne ha sopportato questa sua derayson d’amour, per dirla alla francese,
questo suo folle volo, per restare, con Dante, in Italia. Così se ne andò, il 4 febbraio del 1990, le sue condizioni, erano precarie da un po’. Il Parma, quella domenica, quasi non ce la fece a giocare e contro il Como venne fuori uno zero a zero, che raccontava tutto. Aveva diverse doti il nostro. Ma, la cosa che non riesce a tutti i plenipotenziari del pallone, univa perfettamente l’ars ed il labor, la carica emozionale e l’impegno professionale. Non fu un caso che l’accordo con la Parmalat, che di fatto fece uscire il Parma dal casello delle provinciali toutcourt, spalancandogli l’autostrada dell’ internazionalita’, fu sottoscritto da lui. Un visionario si, ma con gli occhi che non staccava un minuto dalla realtà dei fatti e dai fatti della realtà. Come quando assoldò, nell’estate del 1985, con l’aiuto di Sogliano, Arrigo Sacchi, sconosciuto, dal Rimin
i. Presto fece Arrigo a divenire il vate di Fusignano. Come quando decise, nell’estate del 1989 di affidare, con l’assistenza di Pastorello, la panchina a Nevio Scala, che certo aveva sfiorato la A con la Reggina, ma che fu inizialmente accolto con freddezza. “Per la passione e l’impegno dimostrati nel dare nuovo impulso allo sport parmense, rinnovando l’interesse e l’entusiasmo della città per il calcio” Queste le motivazioni, della medaglia d’oro della città di Parma ricevuta, dal presidentissimo, nel contesto del premio Sant’ Ila
rio del 1988. “Un poeta, anzi un profeta che annuncia al mondo l’inizio di una nuova era“. Canta Jovanotti. Sì, che musica quella di Ernesto, un rock fiero e battagliero. Anche il Parma ha avuto il suo Virgilio, lo ha guidato nella cantica infernale della C di quegli anni, lo ha accompagnato, suo maestro ed autore, nel purgatorio della cadetteria nuda e cruda (più che a portata di mano come oggi con l’App Dazn, era una B a portata di calci e calcioni) e poi ad un passo dal paradiso, lo ha lasciato, perché camminasse con i suoi piedi ma le sue ali no quelle battono sempre forti, quelle mica si spezzano come il cuore, quelle andavano avanti e indietro nel cielo di Wembley nel 93, hanno svolazzato nella notte di San Siro nel 95, sono passate persino nella fredda Mosca nel 99, per immettere alle vicende crociate il loro calore ed ultimamente hanno fatto un altro tour mozzafiato, tra serie Di, Lega Pro, B e di nuovo A. Sono ali temprate ed infrangibili, quelle di un profeta, non smettono un secondo, dalla consolle del cielo, di danzare per il Parma. Luca Savarese
Pugno duro con Gervinho
Se l’e cercata
È come se Gervinho sposato con una bellissima donna che lo ama
da morire e alla follia e stravede per lui ( il Parma) lui non solo la tradisce con una brutta donna che però è molto molto ricca ma addirittura.l per stare con lei e i suoi soldi ammazza la moglie per essere così più libero.
È un po’ quello che ha fatto Gervinho che è imperdonabile perché NON SI FINGE DI ESSERE INFORTUNATO E NON CI SI PRESENTA AGLI AALLENAMENTI trattando i tifosi i compagni, la società come
MERDA.
Ecco perché la galera per lui deve essere l’allenamento umiliante
senza compagni
Deve rimpiangere quello che di così disgustoso ha fatto.
Brava società altro che carote, solo bastoni.
a me stai pure simpatico ma potevi evitare si parlare delle solite cose in calce ad un articolo come questo
Grazie per questa bella descrizione di un grande sportivo e di un grande uomo per quelli come me che erano troppo piccoli per ricordarlo
Penso che da lassù con il mitico Cesare Maldini staranno sicuramente parlando di calcio, quello vero, quello dove i gervinho di turno non avrebbero certo trovato posto.
Un titano, una figura che col suo esempio ridicolizza quei 4 straccioni di micragnosi industrialotti che ancora oggi albergano a Palazzo Soragna. Un uomo che ha insegnato che i sogni contano più dei “bagget” e che se non si fa mai un passo più lungo della gamba prima o poi si pesta una merda.
Ma si dice che pestare merde porti fortuna. Era un presidente che soprattutto nei primi anni 80, dopo la retrocessione in serie C ha mantenuto una squadra nel calcio professionistico DA SOLO. Niente Tanzi o Barilla o pizzarotti. Solo a cacciare grana. Poi l’arrivo di Sogliano ha cambiato le cose e il parma, poco per volta, è diventato quello degli anni novanta e quello di oggi . Grande merito per aver tenuto la barra dritta quando nessuno voleva farlo. Grazie da tifoso ormai datato.
Grande…… PRESIDENTE!!!!!!
Il busto oltre che in tribuna d’onore andrebbe messo anche davanti a Palazzo Soragna. Ma li sono troppo impegnati con le tomacche i bussolotti i bagget e l’ecspor per capire certe figure. Che ridicolizzano la maggior parte di industrialucoli contemporanei.
Ormai Davide invade tutti gli argomenti con le solite parole “Carma”. Vive con un solo disco, rigato e spiegazzato. Ma come SanRemo, trova comunque chi lo ascolta. La mediocrità impera, come nelle statistiche. Una distribuzione di frequenza che si intensifica intorno alle cazzate di questo anatroccolo col becco sempre sul disco, come gli uccelli degli antenati di cartone. Davide è un giullare alla corte dell’UPI. E mangia agli stessi buffet, prendendo per il culo i lettori. O meglio, solo quelli ingenui ed infantili che ci credono. Non capisco come il Direktor possa accettare questo continuo insulto sgargazzante verso gente che fa il proprio mestiere ed il proprio ruolo sociale, anche con qualche successo…
ma che mestiere fa costui?