IL MANNO, UNO DEI 1.000, HA RACCONTATO A RADIO CAPITAL LE SUE EMOZIONI PER IL RITORNO AL TARDINI DOPO IL LOCKDOWN (ASCOLTA LA CLIP)
(Gmajo) – Francesco Mannella, detto “Il Manno”, superstar: oltre ad essere stato il primo intervistato da Beppe Facchini per FanPage all’esterno del Tardini prima dell’accesso nell’impianto – il primo di Serie A riaperto al pubblico dopo il lockdown – per l’amichevole Parma-Empoli, stamani, Martedì (Settembre 2020, di buon mattino, (erano le 7.40) ha raccontato le sue emozioni per esser stato uno di quei 1.000 a Riccardo Quadrano ed Andrea Lucatello che si sono collegati con lui nel corso della trasmissione “On air” il risveglio di Radio Capital (in onda dal lunedì al venerdì tra le 7 e le 10).
Ecco la trascrizione della conversazione.
“E’ stato emozionante perché dopo sei mesi di stop forzato rimettere piede allo stadio è stato molto bello per me che in oltre 20 anni di abbonamento ho saltato cinque partite in casa, per cui è stato veramente bello. E’ stato strano perché essere in 1.000 persone in uno stadio che può contenerne 22.000 e rotti è veramente poco. Poi eravamo tutti con la mascherina, i singoli dislocati un seggiolino sì e due seggiolini no, al di là che ci fossero dei nuclei famigliari che potevano sedersi vicino. All’ingresso non erano in funzione i tornelli, il controllo avveniva dopo, non ci sono stati assembramenti, misuravano la febbre, controllavano che avessimo correttamente indossate le mascherine, questo anche durante la partita, e chi se la tirava giù veniva redarguito, con l’invito a ritirarsela su. Non avere un vicino di sedile o di posto è abbastanza strano se c’è da esultare, però ci si abitua anche a questo. La cosa più strana è non avere tifo in Curva, però è comprensibile anche la scelta dei Boys e degli altri gruppi Ultras, perché effettivamente era un po’ come essere a teatro. Io, comunque, se restassero anche queste condizioni, tornerei ancora allo stadio: probabilmente quando ero abbonato in Curva e vivevo le partite in un altro modo forse no, però in questo momento sì; io da un po’ ho l’abbonamento in tribuna e sono abituato a un altro tipo di tifo, stando seduti. E’ difficile cantare stando in tribuna da noi, io capisco perché a mio volta ci sono stato tanti anni, che un tifoso abituato ad andare in Curva in un determinando modo, cantando eccetera, in questo momento non abbia voglia di andare allo stadio. La trovo una scelta assolutamente comprensibile”.
Arrivano gli americani
Sono contento per lui. Chissà invece io quando ritornerò allo stadio. Forse mai.
Io ci andrei cauto con la storia degli americani. Di Marzio aveva data per fatta anche la cessione ad Al Mana. Scrive che gli americani sono in pole ed Al Mana ha un accordo con penale se non chiude entro il 30 settembre, che non collima con la dichiarazione di Ferrari , il quale negò accordi vincolanti. Ma non collima neanche con la mail di Ppc, nella quale si prevedeva la chiusura ad ottobre ( come fa ad esserci una penale al 30 settembre se la previsione è ottobre?). Attendo il classico problema burocratico, pardon, comunicato.
Calma e gesso
Per l’argomento cessione società appoggio il motto del direttore “Calma e gesso” perchè trovo oramai superfluo commentare le indiscrezioni di Sky dopo il caso Al Mana.
Tuttavia lancio una riflessione volutamente provocatoria perchè davvero alcune cose non me le spiego:
– Gruppo Al Mana (Qatar) – 1,5 Milioni di dollari di fatturato
– Gruppo Kreuse (USA) – 2,3 Milioni di dollari di fatturato
– Gruppo Barilla (Parma) – 4 Milioni di fatturato
Mi spiegate perchè dobbiamo cedere e soprattutto come sia possibile che gruppi esteri che non fanno business con il calcio, possano reputare interessante un investimento nel Parma Calcio, quando chi la possiede ora (con aziende in grado di fruttare un fatturato doppio o triplo) reputano il Parma come un investimento a perdere, nonostante ne sia tifoso?
Ed infine, con queste premesse, come si fa a pensare che chi arriva possa fare meglio di chi lascia?
Saluti
Perdonami le correzioni:
Di Al Mana si trova in rete solo una stima del PATRIMONIO PERSONALE, di circa 1,5 MILIARDI. ( non so quanto attendibile)
Krause Group ha chiuso il bilancio 2019 con un fatturato di 2,7 MILIARDI, che non è il patrimonio personale.
Il gruppo Barilla fattura intorno ai 3,5 MILIARDI, ma Guido Barilla sta a titolo personale. I soldi non vengono dall’azienda, in quanto dell’ azienda sono soci tutti i fratelli.
– Sono miliardi non milioni
– Barilla, a quanto risulta, è socio a titolo personale e non come Azienda (come lo era la Parmalat suo tempo, tanto per capirci, che destinava budget per la pubblicità, e non solo, sulla squadra)
– Il calcio in Italia, nella maggior parte dei casi, è un business a perdere che viene tenuto a galla con operazioni di ‘ingegneria’ finanziaria. Le società medio piccole devono obbligatoriamente puntare sul ‘Player trading’ (come dicono quelli bravi) ma per farlo devi avere un buon settore giovanile e buoni osservatori e non lo fai in 2-3 anni. Forse l’attuale proprietà, per varie ragioni, non ha la spinta in tutti e 7 i soci a voler proseguire in questa impresa nel lungo termine.
Sicuramente le holding accostate all’acquisto del Parma non sono certo guidate da Imprenditori calcistici quindi, da tifoso, sfugge anche a me il tornaconto. Evidentemente sono realtà desiderose di fare investimenti in Italia (come questi americani) e considerano il calcio come un veicolo per accelerare e favorire il business. Penso che per imprenditori come Barilla, Dallara, Pizzarotti, ecc il Parma non dia tutto questo valore aggiunto in termini di immagine e notorietà.
Chiedo venia per le imprecisioni sui numeri, dettate dalla fretta e da una mancata rilettura.
Credo tuttavia che il concetto della mia provocazione sia comunque stato compreso.
I soggetti alla porta per entrare nel Parma, pur essendo entrambi solidi, non possiedono la stessa forza economica potenziale (*) né la stessa vicinanza affettiva, di Nuovo Inizio.
Mi chiedevo quindi ironicamente, come mai dall’America e dal Golfo c’è l’ambizione di investire nel calcio a Parma, e gli imprenditori parmigiani (già proprietari e alfieri della gloriosa rinascita) dichiarano di non essere all’altezza del compito.
Difficile rispondere, però sarei davvero curioso di capire perchè imprenditori esteri come Al Mana e Krause (non proprio dei gestori di investimenti sportivi o di fondi di investimento) ritengano il Parma un investimento, mentre Barilla e soci no.
(*) mi riferisco chiaramente alla somma dei fatturati complessivi delle aziende dei magnifici 7, a mio avviso superiori ai fatturati di Al Mana e Krause.
Cerco di dare la mia modesta interpretazione in risposta alla domanda-provocazione, partendo da un aneddoto (che in realtà non ho mai avuto modo di verificare) e che si perde nella notte dei tempi, allorquando Barilla (e anche qui non saprei dire quale dei fratelli), all’indomani del crac Parmalat allorché si cercava un nuovo patron per la locale squadra di pallone, avrebbe declinato l’invito di farsene carico affermando che non avrebbe mai ciucciato una caramella succhiata da Calisto. Forte di questo messaggio abbastanza significativo, e consapevole che la ricerca dell’Amministrazione straordinaria non diede frutti positivi in ambito locale, dovendo deviare di una settantina di chilometri più a Nord, trovando a Carpenedolo (BS) Tommaso Ghirardi & C. per dare una nuova proprietà al ripulito Parma F.C., società in bonis ricavata grazie alla Legge Marzano dal Parma A.C., quando cinque anni abbondanti fa sui giornali venne fatto il nome di Barilla quale uno dei possibili cavalieri bianchi che avrebbe salvato il Parma ghirardiano in odore di fallimento mi feci delle grasse risate, probabilmente sbeffeggiando su queste colonne gli autori di tali scritti. Di lì a poche settimane, invece, avrei appreso che qualcosa di vero in quella news c’era, visto che Marco Ferrari aveva iniziato la sua opera da grande tessitore, ed era riuscito a coinvolgere nel suo club di amici chiamati a rifondare il Parma (partendo dalla D, perché sarebbe stato folle accollarsi la pesante situazione debitoria di quella in vendita militante nelle ultime posizioni in serie A, e condannata comunque in B) importanti nomi della imprenditoria locale, tra cui, appunto, Barilla. In quei giorni c’era molta confusione su come avrebbe potuto rinascere il Parma: i più fedeli lettori di StadioTardini.it si ricorderanno senza dubbio i Cocoon, ovvero il movimento capitanato dagli ahinoi ora scomparsi Orlandini e Foglia – ricordo ancora una riunione alla quale venni ammesso come uditore svoltasi a Medesano – che sarebbero poi stati l’embrione di Parma Partecipazioni Calcistiche, che, ovviamente, da sola non avrebbe potuto salvare il Parma emulando la loro Parmense di quasi 50 anni prima: appunto serviva una cordata più consistente, appunto quella di Marco Ferrari & Friends. Se anche nella mente dell’ideatore credo fosse ben chiaro l’obiettivo-desiderio di raggiungere la massima serie il prima possibile, egli ha cercato di dosare man mano, con lo stesso equilibrio di un farmacista col bilancino, le varie mete da raggiungere, contribuendo a far via via crescere l’entusiasmo degli altri soci, alzando ogni volta la posta (ovvero la quota di partecipazione al club) in base ai progressi sul campo. Un primo snodo fondamentale della start up era il passaggio dal semiprofessionismo (serie C) al professionismo (serie B): e qui fu indispensabile l’apporto economico di Lizhang, che fece respirare i soci ducali, mantenendo su livelli sostenibili di partecipazione (ci hanno ripetuto sovente che nessuno di loro, io aggiungerei “individualmente”, ha la vocazione di “imprenditore calcistico”) pur alzandosi sempre la quota. Nuovo Inizio, poi, si fece carico delle mancanze cinesi, supplendo con coscienza alle manchevolezze orientali: e anche in questo caso si trattava di gettiti imprevisti. Nel frattempo la ricerca di un sostituto di Lizzy è proceduta negli anni, nonostante alcuni di questi imprenditori, nel frattempo, si fosse particolarmente affezionato al “bilino”, ma la ragione ha i suoi argomenti che superano quelli del cuore. Il ricordo delle origini di Nuovo Inizio credo risponda pienamente all’interrogativo-provocazione di Markness: nessuno dei Magnifici Sette, infatti, ha mai pensato al Parma Calcio come un business, quanto, semmai, a un dovere nei confronti del territorio, anche giustificato dall’amore-passione di qualcuno dei soci. Nel frattempo sono passati cinque lunghi anni, e l’hobby del pallone, complice anche l’attuale congiuntura, sta diventando più pesante di prima, anche perché, per raggiungere in fretta e consolidare la serie A (ovvero i suoi maggiori ricavi), si sono profuse diverse risorse: non trattandosi per nessuno dei sette di “core bubiness”, anzi alcuni sono appunto presenti come privati e non come azienda, ritengono fondamentale la presenza di chi consideri il Parma un business. Il fatto che i possibili candidati come potenza economica siano inferiori ai top player di Nuovo Inizio non significa nulla, se appunto questi ultimi non considerano il Parma un business o loro stessi “imprenditori calcistici”. Io, da tifoso di Nuovo Inizio, spero sempre che si accorgano che, se non nel brevissimo termine, almeno nel medio-lungo, anche il calcio può essere un business, specie se gestito con coscienza, senza fare passi più lunghi della gamba, commisurando le uscite sui ricavi, che comunque sono tante. Ma un tipo di gestione attenta ed oculata quanto piacerebbe agli orfani di Calisto, tipo Davide, che storcono il naso allorché si accenna ad un minimo, dicono un minimo, di austerity? Se il Parma, in questi anni, si fosse auto-sostenuto, senza il bisogno di continue trasfusioni da parte dei soci (con la scusa o giustificazione, appunto, prima di bruciare le tappe per raggiungere il top dei ricavi, e poi conservarli), forse, ora, non servirebbe neppure l’imprenditore calcistico che si sta ricercando. Ma al tifoso del popolino la gestione oculata non piace, piace chi caccia la pila, con il rischio – che io indico sempre – di uno o due anni di simil-grandeur, salvo poi scappare a gambe levate, lasciando macerie. Io preferirei di gran lunga la tranquillità di un club ben gestito, con alle spalle la solida imprenditoria locale, da non sottoporre a continui salassi, però, ai business-man (specie se esteri) che logicamente non hanno alcun tipo di sentimento per la maglia Crociata, il territorio, etc. Se vogliamo, l’odierna – quella che potrebbe presto finire, per la gioia di chi ama gli “sboroni” o gli “sbraga-verze” – è l’unica società italiana ancora un po’ old style, appunto con una proprietà locale che ha a cuore certi valori. Penso che nel tempo li rimpiangeremo, soprattutto perché dopo il prossimo naufragio non ci sarà più nessuno a lanciarci una insperata ciambella di salvataggio…
Caro Direttore, condivido assolutamente la chiosa della sua articolata risposta, che centra esattamente le ragioni del mio intervento.
Credo anche io come lei, che per il futuro del Parma Calcio, sarebbe ideale che Nuovo Inizio potesse dare continuità al suo progetto di salvataggio che fin qui ci ha dato molte soddisfazioni.
Per questo, seppur superficialmente e con un pizzico di malizia, perché conscio delle volontà in seno alla famiglia Barilla, sottolineavo come la potenza di fuoco economica potenziale dei magnifici 7, non è affatto inferiore a quella degli ipotetici compratori alle porte.
Ma a differenza del futuro nuovo compratore (che non conosciamo), i nostri 7 hanno dimostrato prova di saper muoversi con coraggio, sagacia, intelligenza e prudenza. Tutte virtù che ben si abbinano alla nostra realtà post-fallimento.
In più, Nuovo Inizio rappresenta a pieno titolo l’eccellenza industriale del territorio che farebbe bene a tenersi stretto il Parma Calcio, perchè è pur sempre un fiore all’occhiello a livello internazionale del territorio, al pari di elementi culturali e gastronomici.
Il mio auspicio, è che si stia tentando di trovare un partner finanziario che possa contribuire ad incrementare un cammino di crescita del club, che magari potrebbe passare attraverso il nuovo stadio. Spero che non si passi da una gestione collegiale di tipo tedesco che sta dando buoni frutti, ad una di tipo assolutista e mecenatica da vecchie abitudini italiane, i cui frutti amari ci hanno già scottato in passato.
Credo che le trattative stiano andando avanti con fin troppa calma, altro che calma e gesso . Personalmente preferirei Al Mana, in quanto gli americani sono business men mentre gli arabi spendono per un ritorno d’ immagine. Poi, per carità, può darsi che i fatti dicano l’opposto nella fattispecie. Di certo, sarebbe importante chiudere con almeno 10 giorni di mercato. Giusto il tempo per poter finalizzare qualche trattativa . Di chiacchiere sulla cessione della società ne abbiamo sentite troppe, quindi credo sia ancora una volta solo uno pseudo scoop.
Prima i nostri 7 i Gan da salder i debit, dopa forsi….
Ma quali debiti ci sarebbero da saldare, di grazia ?
Intanto 3 dico 3 giocatori in prestito secco bel programma di valorizzazione giovani dell Atalanta pero..
“Gli americani sono in pole ed Al Mana ha un accordo con penale se non chiude entro il 30 settembre”……………ma per favore…..ma chi vuoi che ci creda…..
“GIORNALAI” che per due scudi sono disposti a tutto……..VERGOGNA………
In un momento così grigio tra “austeriti” di stampo Montiano, ridimensionamenti (con il penultimo monte ingaggi della A si badi bene), passi corti e cassetti senza un euro, vitti e alloggi a carico dei zoagador c’è però una buona notizia. Sembra che i tomaccari dopo anni di ricerche che nemmeno la “nasa” e il “mit” abbiano fatto una scoperta che la fusine a freddo è una barza. Ovvero hanno trovato il modo di lavorare il pomi d’oro direttamente sul campo, con ciò risparmiando anche gli stipendi degli stagionali che le catano su. Altro che balle l’UPI non dorme mica altro che “silicon vallei”.
Quoto Lorenzo. Se davvero fosse così, voglio il/i nome/i del/i consulente/i di Al Mana.
Ma per favore…
Te lo dico io il nome del dottore che ha seguito la diu diligense di Al mana e del cinese e: Alborghetti/Filini con l’aiuto di Crespo. Speriamo che con gli americani abbiano trovato un altro
Ahahahah
Gemelliamoci con l’Atalanta
Una squadra seria che io ammiro
Da loro dobbiamo imparare tutto.
Hanno scopritore di talenti che noi
ci sogniamo.
Ciao Vele, so che ce l’hai con me ma io no. Dico solo che quando scrivi così ti sopporto meglio.
Detto questo volevo solo sottolineare che la Dea nel campionato 2014-2015 (cinque anni orsono) è finita al quartultimo posto.
Ora, loro hanno avuto anche un pò di culo (secondo me tanto) a puntare su Gasperini che con il suo gioco ha valorizzato giocatori che, se vai a vedere, al di fuori del recinto bergamasco non hanno certo brillato.
Il Parma sono 2 anni che è tornato in serie A con investimenti volti principalmente a mantenere la categoria.
Ora, giustamente, la società, per una serie di eventi, decide di voltare pagina e di cercare una nuova strada, forse quella giusta, ovvero di puntare a valorizzare giovani promettenti.
Non sarà affatto facile, non per i giovani, ma per il prezzo proibitivo che alcuni di loro hanno, nonostante il curriculum ancora acerbo.
Io ho fiducia in Carli, oggi sembra vi sia un acquisto importante come Nehuen Perez dall’Atletico, profilo fantastico per noi e perfetto anche per lui.
Diamo fiducia a questa società, a Carli, a Liverani il quale non sarà sicuramente un mago ma forse può, con il suo gioco che tutti auspichiamo, far emergere qualche profilo che porti denaro nelle nostre casse.
Volevo solamente precisare questo e ribadire che io non volevo offendere nessuno ma alle volte scassi molto i maroni e te la prendi non si sa con chi, visto che allenatore e società certo non leggono i tuoi sproloqui.
At salùt.
Nel frattempo, il sempre ben informato Ceresini, su Facebook ha messo come immagine di profilo la bandiera degli stati uniti..
No ragazzi fosse vero gran colpo di Carli (Al me piésa ).
Nehuen Perez dall’Atletico Madrid è tanta roba. Centrale 20 anni se avete visto i mondiali under 20 gran bel giocatore. Sembra prestito biennale con diritto di riscatto a 15 e controriscatto a 20 a favore dell’Atletico il quale non vuole privarsene e questo la dice tutta.
Mi sbilancio: chilù l’e pù bò che Bastoni!
Sempor cal riva, notizie a dir poco contrastanti
Se arrivano gli americani
non parte più nessuno.
Forza Parma
direttore, a proposito di aneddoti e storie varie
che rapporto aveva con la Rancati all’epoca?
c’era stima professionale o era c’era una “sopportazione” reciproca seppur sui binari della corretezza?
Con Maria Luisa ci si conosceva già da diverso tempo: agli albori del Secondo Millennio, infatti, ogni lunedì ci trovavamo nei sontuosi studi di Telecolor Cremona, dove l’anfitrione Claudio Raimondi (col quale ho anche condiviso l’esperienza a Mediaset Sport con le sostituzioni estive, che poi per lui si trasformarono in un lavoro stabile) aveva ritagliato per ognuno di noi il proprio ruolo: il programma si chiamava Formula Mista e miscelava le cronache di Atalanta (con Giancarlo Volpi), Brescia (Mimmo Postorino), Parma (il sottoscritto, e prima l’oggi compianto Pino Colombi) e Piacenza (Filippo Ballerini). La Rancati, temporibus illis, era di supporto al conduttore “Raymond”. Ricordo ancora con grande piacere una cena di natale sociale nella quale sfoggiai anche una certa galanteria, così come ricordo con piacere quando ci trovammo nella bassa per gustare la mariola. Insomma la base di partenza era più che buona. Quando arrivò al Parma ognuno dei due doveva interpretare al meglio il proprio ruolo, senza guardare in faccia a nessuno, esattamente come avviene all’interno di una partita di calcio: io penso sempre di essere stato un avversario corretto, pur utilizzando tutti gli strumenti leciti a disposizione (mai dare colpi sotto la cintura). Evidentemente questo tipo di condotta non poteva essere particolramente goduto da chi dall’altra parte si trovava nella condizione di rendicontare delle mie gesta a una proprietà che non simpatizzava parecchio per il sottoscritto. Debbo però dire, con piacere, che nei momenti più delicati Maria Luisa mi fece sentire una vicinanza sincera, mi riferisco soprattutto a quando prese le distanze da Ghirardi quando questi se ne uscì durante una pubblica conferenza stampa, divenuta tristemente nota, bollandomi come nemico del Parma e del suo presidente. Sono anche consapevole, e per certi versi riconoscente, anche dei suoi tentativi di avvicinare le due parti in contesa, addirittura con il suggerimento intelligente, non colto, di assumermi o farmi collaborare. L’unico rammarico è che pensavo che una volta terminato il lungo match, smessi reciprocamente le rispettive casacche di gioco, si potesse ristabilire un rapporto scevro dalle tossine di allora, però i miei tentativi al riguardo furono accolti con un po’ di freddezza, scoraggiandone degli ulteriori. Credo comunque di poter affermare, senza tema di esser smentito, che ci fosse una reciproca stima professionale, non saprei dire se ci fosse sopportazione, ma confermo comunque che tutto si svolse sempre sui binari della massima correttezza.