CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / UN NUOVO “VECCHIO” PARMA
(Gianni Barone) – Come spesso capita, quando si prevede il peggio, arriva il meglio che nessuno si sarebbe mai aspettato. Tutti ad ipotizzare esoneri e cambi terapeutici e necessari, in caso di ulteriore sconfitta, ed ecco all’improvviso che sboccia un nuovo “vecchio” Parma. Nuovo perché mai quest’anno si era espresso così (bene) sul piano della praticità, e vecchio, sistema di gioco (non alias modulo) compreso, in certe pieghe dell’incontro, in cui si è rivisto il Parma di lotta e sacrificio degli anni passati, con verticalizzazioni azzeccate e accelerazioni puntuali (una volta su quattro o cinque occasioni, a dire il vero) di Gervinho. In più si è visto qualche buon movimento e qualche interessante incrocio in avanti, che mai si erano riscontrati prima, e che hanno scombussolato la precaria difesa genoana (sarà stato proprio per questo?), come al solito, disposta non bene dal sempre più traballante, tremebondo e a mio avviso mediocre Maran. Sopravvalutato un po’ troppo, non ce ne voglia il suo grande ammiratore Condò (rimasto uno dei pochi ora) e alla resa dei conti insufficiente, prima a Cagliari ora al Grifone, per condurre una squadra alla salvezza sicura e tranquilla. Liverani, dal canto suo, è stato di parola: attendeva e auspicava una svolta, una scintilla, da parte della sua squadra, che puntualmente ha illuminato il cielo sopra Marassi grazie ad una prestazione di sicuro valore. I suoi detrattori, cresciuti in maniera esponenziale, dopo il rovescio di Roma, sono andati delusi: qualcuno già pregustava il ritorno di D’Aversa, mai tanto amato e stimato a Parma, come adesso che non c’è,
oppure quello di Faggiano fresco di eliminazione dal “Grande Fratello Giochi Preziosi” di Genova, per giusta causa o manifesta incapacità di svolgere appieno le proprie funzioni dirigenziali che dovevano essere massime, ma che si sono rivelate, a giudizio del suo ultimo datore di lavoro (diametralmente opposto a quello dei precedenti parmigiani, men che minime. Al momento Liverani regge sulla panchina bene e per D’Aversa non c’è posto neanche come Diesse – tanto per rinverdire i tempi di Lanciano, come responsabile dell’area tecnica – e nemmeno per Faggiano, neppure come allenatore dei portieri, ricordando il suo passato al Noicattaro. A parte gli scherzi, il tecnico del Parma ha dimostrato di rispettare uno dei principi su cui un sistema di gioco si basa, cioè la razionalità: la capacità di tenere conto delle caratteristiche tecnico-fisiche-tattiche e di personalità dei giocatori a disposizione. Infatti, dopo aver provato quasi tutti i centrocampisti della rosa, in regia, ha trovato l’unico, che in quella posizione, può far girare bene la squadra, vale a dire Scozzarella.
Ha capito, poi, che si può rinunciare al trequartista pur avendo l’opzione Brunetta, restituendo a Kucka il suo ruolo naturale d’interno e preferendo giocare, in avanti, a tre: due ali veloci e un riferimento centrale importante. Con Gervinho e Cornelius si può giocare in un solo modo: con il 4-3-3: questo il campo lo ha confermato. Quindi senza tanti fronzoli il centrocampo con Kurtic funziona meglio, non ci sono dubbi. La strada della concretezza e della semplicità è sempre la migliore e quella più indicata; poi, se di fronte si ha un avversario messo male in campo che non regge l’urto, sbaglia i tempi di uscita e fatica nell’intera fase difensiva, il gioco si compie quasi per incanto e per magia. Il “vade retro” 3-5-2 presidenziale ha funzionato, si direbbe, e anche nelle prossime gare si prospetta un Parma di corsa (è una delle squadre che macina più chilometri) e di lotta, come dimostrato nel secondo tempo quando c’era da difendere un risultato di vantaggio importante. Si diceva che il vecchio Parma funziona, anche perché ieri, i giocatori più in difficoltà sono apparsi i
nuovi, sebbene Osorio (magnificato forse troppo all’esordio dalla critica) e Busi, entrambi in difesa, siano stati, comunque, nei momenti critici, ben supportati dagli esperti compagni di reparto, ritornati sugli abituali livelli di rendimento e sicurezza. Un buon Parma, che fa gridare Roberto Perrone, sul Corsport, ad una squadra abile nelle verticalizzazioni e nel contropiede: eredità di D’Aversa. “Con un Genoa – ha aggiunto – che è stato bravo a farsi male da solo”. Concludendo “entrambe le squadre sono apparse simili più che in cerca d’autore, di una buona sceneggiatura, con il Parma, leggermente, più avanti sul piano della concretezza”. Analisi condivisa anche da parte degli altri commentatori, molto presi, inoltre nell’esaltare le gesta di Gervinho e Kucka, un po’ troppo in ombra, per essere veri, nelle precedenti uscite. Si è arrivati in una settimana, di doppia vittoria, in Campionato e in Coppa, ad un livello che sembrava, sette giorni fa, inimmaginabile.
Capacità del tecnico di farsi capire, finalmente? Dopo l’autocritica dell’Olimpico, per raggiungere i livelli alti di attenzione in allenamento e quindi in partita? Forse. Di sicuro la consapevolezza di aver ottenuto un risultato che vale doppio sul piano della classifica, e triplo di quello del morale, aiuta a crescere individualmente, e a far crescere la serenità per affrontare i prossimi impegni con maggiore sicurezza. In più si è capito come bisogna affrontare, d’ora in poi, le gare aldilà di schemi o idee: con approccio, intensità, sacrificio e sofferenza e con la capacità d’investire, in fase di non possesso, anche gli attaccanti in un lavoro utile alla squadra.
Se prima del rovescio dell’Olimpico, del daversisismo, il successore aveva mutuato l’ideologico pullman davanti alla porta, ora, nel nuovo vecchio Parma 2.0 riscopriamo anche il contropiede, prima dimenticato quando si trattava solo di catenaccio tout court. Oltre alle scelte fatte (le due frecce ai lati del pingaglione centrale: Cornelius è rimasto a bocca asciutta dopo la doppia scorpacciata della passata stagione), decisivo anche l’andamento del match, specie nel finale quando Maran, nel tentativo di ripigliarla ha oltremodo potenziato l’assetto offensivo della propria formazione, favorendo il gioco di rimessa degli ospiti che dalla propria avevano già il vantaggio. Gianni Barone
Maran ha fatto bene al Cagliari fino a che giravano Nandez e Joao Pedro, poi una volta spompi, è crollato ed è stato esonerato. Allenatore buono, ma non fenomenale.
Nelle partite giocate finora l’unico contropiede puro è stato quello con il Verona, con lancio di Darmian dalla nostra trequarti per Karamoh, volata sulla fascia e passaggio al centro per Kurtic. Le altre reti e azioni pericolose, frutto di palle recuperate nella metacampo avversaria, quindi ripartenze corte e di azioni manovrate.