CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / TUTTI PAZZI PER D’AVERSA
(Gianni Barone) – Dopo la rivoluzione copernicana, mai attuata e realizzata, ma solo idealizzata, del giochismo, come d’incanto si torna alla restaurazione del “risultatismo”, mai necessario come ora, targato D’Aversa. E lo si fa nella totale acquiescenza da parte di critica, tifoseria e dirigenza che fanno macchina indietro e si riconvertono a ciò che si era abiurato con forza in estate. Giravolta improvvisa – e ponderata al tempo stesso – per rimediare al principio di crisi che arrovellava cervelli, anchilosava membra/i e riduceva risultati e goal fatti al lumicino costringendo tutti a ripensamenti di ideali e programmi. L’avvento di D’Aversa, rispetto al primo mandato quando era assai discusso e divisorio, mette d’accordo tutti: luminari della speranza, avventori del dubbio e cartomanti del realismo puro e spiccio. La sua mano si palesa in un’ora di prestazione in positivo con chiusure centrali, gioco a viso aperto e un’occasionissima per Cornelius, sventata dal colpo di reni di Reina, allungando il digiuno delle punte centrali e dell’attacco tutto, ancora di novanta e passa minuti. Ora il ritorno del nuovo vecchio tecnico mette nella condizione di rendersi conto, non che si è perso tempo, ma che c’è ancora tutto il tempo per rimediare e per farcela. Tutti pazzi per D’Aversa, amici e complici di un tempo fortunato che fu, ma anche scettici oltraggiosi, e alchimisti del catenaccio post moderno. Tutti pronti ad accogliere un nuovo tentativo di ricompattare la squadra attraverso la reazionaria conversione ad una mentalità pratica tutta equilibrio, flessibilità e razionalità covercianamente invocate. Un primo
tempo in cui – con una difesa composta per 3/4 di forze fresche arrivate dal mercato estivo che aveva prima illuso e poi non convinto durante l’era Liverani – il Parma regge l’urto bene e se qualcuno dice che D’Aversa, visti i tanti infortuni, deve operare scelte obbligate, le stesse non si dimostrano tali, in quanto Osorio, che è un centrale, gioca a destra, mentre Busi, che è un destro, gioca a sinistra, fermo restando Alves affiancato da Valenti, titolare solo una volta, prima, nella precedente gestione. Assistiamo al solito calcio posizionale che non si limita ad attraversare un solo sistema di gioco, ma ne percorre più di uno, equamente distribuiti fra le due fasi, e che ne utilizzerà un totale di 4 nell’arco dell’intera partita. Per assecondare l’idea che nel calcio variare tatticamente serve ad evitare prevedibilità e a garantire una condotta di gioco utile ad invertire una tendenza che stava diventando insostenibile in termini di atteggiamento e approccio. Un
Parma finalmente – per un ora, ribadiamo – all’altezza del compito, contrariamente alle recenti scialbe e sciatte uscite con giocatori recuperati dopo breve ed inspiegabile naftalina, e con qualche accorgimento in più vedi Sohm che, spostato a destra in avanti, ricorda quanto fatto lo scorso anno con Kulusevski, nato mezzala e utilizzato con profitto all’ala, nell’accezione moderna del termine del ruolo. Poi la continuità anche negli infortuni con la passata stagione e con la precedente gestione, con due giocatori fuori per noie muscolari già nella prima frazione di gioco. Si rivede la verve di un buon Gervinho, ma la difesa «obbligata» del secondo tempo con Ricci a sinistra e Balogh al centro – nonostante le buone parole del tecnico per entrambi alla fine – cade in ingenuità che costano care in occasione dei due goal laziali. E la partita potrebbe finire
proprio lì, anche se si lotta fino in fondo lasciando buoni segnali per il futuro, si spera: però, come è cambiato il peso di questa sconfitta rispetto alle altre quattro che l’anno preceduta! In casi del genere si dice che si è perso bene, però sarebbe stato meglio vincere male o non perdere peggio. Ma tant’è. Occorre resettare, aveva ripetutamente affermato in sede di presentazione D’Aversa: non fare processi al passato recente e perdersi nel tentativo di individuare e denunciare colpe e colpevoli per ciò che non si fatto o non si raggiunto. Ora bisogna essere compatti sia in campo (e per larghi tratti lo si è visto) e sia fuori, e dobbiamo dire che su social e web, sportivi e tifosi hanno assecondato al meglio il nuovo vecchio corso, non più considerato obsoleto o poco spettacolare, come troppo spesso, e a vanvera, prima. L’unità d’intenti prende il posto della disunità di vedute non più attuali o praticabili all’oggi, fatto di indispensabile tentativo di salvare la baracca e il salvabile per il
mantenimento di una categoria da cui non si può derogare in nessun modo possibile e immaginabile. Questo, come argomentavamo l’altro giorno, è e dovrebbe essere sempre tenuto sempre a mente, il core business della Società, prima ancora di indulgere al player trading. Ecco perché ci si attende una sessione mercatale in controtendenza-contropersona rispetto alla precedente in cui, in gran massa sono arrivate acerbe promesse; ora serve gente matura, magari non alla frutta. I numeri impietosi, tuttavia, vanno corretti e sovvertiti al più presto anche aldilà delle riparazioni di mercato, in cui molti sperano e si attaccano, anche perché un attaccante del livello di Inglese, difficilmente lo si potrà reperire al pari di un sostituto di Gervinho, più che mai utile alla causa, e dalle cui prestazioni difficilmente la squadra potrà prescindere, soprattutto ora che chi è al volante sa come guidarlo. Quindi avanti con il vecchio che avanza che non sarà moderno, ma almeno, sarà di nuovo utile all’impresa di raggiungere un indispensabile, quanto difficile, traguardo. Gianni Barone
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