CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / CI AVREBBERO SALVATO LE VECCHIE ZIE?
(Gianni Barone) – La contraddizione e il mistero della stagione del Parma paiono sintetizzate, sottoscritte e condivise nel pensiero di Stefano Cieri della Rosea, che forse ha seguito dal vivo per la prima volta il Parma, sconfitto, immeritatamente, all’Olimpico ad opera di una Lazio, definita da esperti ed esegeti “la peggiore dell’anno”. Pensiero che così ha recitato “… se avessero sempre giocato in questo modo, la salvezza sarebbe sicuramente arrivata”. Eh già: non ci sarebbero dubbi, ma allora perché non si è voluto, non si è potuto, non si è creduto di poter giocare sempre in questo modo? Un gioco semplice, lineare, di una squadra raccolta nella densità difensiva, bassa, con tre difensori centrali e due difensori esterni a vanificare il gioco sulle fasce dell’avversario: una squadra pronta a ripartire con una punta centrale di riferimento e un fantasista, Brunetta, ignorato per una stagione intera da entrambi gli allenatori che hanno guidato i Crociati. Una squadra senza fronzoli, senza velleità di gioco manovrato e “attrattivo”, che ha costretto la Lazio, solitamente abile a ripartire, a snaturarsi in un gioco continuo, quanto lento, prevedibile e improduttivo di palleggio fine a se stesso. Ecco il punto: perché? Perché non ci si è limitati a fare tutto ciò per cui la stessa squadra in passato era risultata maestra di praticità ed aveva ottenuto salvezze tranquille e meritate? Perché ciò non è avvenuto? Ovviamente mistero e contraddizione. Per tutto
ciò che si è detto e scritto sui motivi di in tale decadimento fisico e morale sembrerebbe che non sia solo questione di tattica o volgarmente e in maniera inesatta di moduli, o di mentalità bella e buona, ma sia piuttosto più una questione di uomini sbagliati, di chi spremuto in passato e di chi appena arrivato si è rivelato inesperto o inadeguato. Ecco tutto sembra possibile, plausibile, vero, ma rimane il dubbio, dopo l’esito della partita persa, al minuto 95, dopo aver rischiato di segnare, un attimo prima con un pallone deviato miracolosamente, sul palo, dal portiere biancazzurro e cioè che quest’anno non sarebbe bastato o servito niente per evitare il tracollo. Vedendo l’esito della partita di ieri a me è venuto in mente il titolo di un vecchio libro del 1953, «Ci salveranno le vecchie zie?», in cui l’autore Leo Longanesi, giornalista, scrittore satirico e
polemista, cerca di capire le ragione della crisi della borghesia nel primo e secondo dopoguerra. Egli infatti parla di «vecchie zie», …tutte maestre…fusti di quercia dalle radici ben solide…, custodi dell’ordine classico…, segno di decoro e atto di fede. Ma, si chiede infine, se mai queste vecchie zie, specie in via d’estinzione, messe in soffitta come busti impagliati, spodestate dal progresso e dai nipoti coi sogni a colori ci avrebbero mai salvati. E la risposta è, purtroppo, no. Come nel nostro caso, l’emblema di un calcio dal candore provinciale, già antico, che aveva fatto le ossa al paese e l’aveva tenuto in piedi con cose solide e ben fatte, esibito a tratti all’Olimpico da una formazione mix tra vecchio e nuovo, bella e cattiva, ma incapace, ancora una volta, di evitare la sconfitta. Quindi il principio morale e norma pedagogica non bastano e non servono se non a salvare, per la prima volta, dopo tanto, la faccia, l’onore e la dignità, troppo spesso sbandierate invano, nel recente passato. Aumenta, parimenti, il rimpianto per non aver intrapreso, per lo meno, la strada indicata dalle famigerate «vecchie zie», sempre pronte a dimostrarci che esistono valori e principi da non scordare mai, anche in futuro quando si rischia di credere a falsi miti non sempre capaci di realizzare i sogni di chi ci crede ancora. Da salvare, ora, la vecchia idea di borghesia del calcio che aveva ingigantito i pochi vizi per non perdere le molte virtù di cui era portatrice. Lasciamo perdere i lussi inutili della nuova cultura che ogni tanto fanno smarrire la strada giusta per la salvezza. Proprio adesso che ci siamo messi in testa che si deve ricostruire tutto con nuove basi tutte da verificare. Gianni Barone
Parma, lo studente somaro che a fine anno prende un inutile 9 in matematica.