CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / IN DIECI SI VINCE MEGLIO
(Gianni Barone) – “In dieci si gioca maglio”, aveva sentenziato il mitico Nils Liedholm, uno dei più convinti assertori del “modulo a zona”, che nei primi anni Novanta si appestava a scalzare, in tema di moduli, ciò che in Italia dagli anni Cinquanta in avanti era diventato una vera e propria istituzione, cioè il catenaccio, massima espressione del “modulo a uomo”. Il Barone era un precursore e ben presto tutti si “baronizzarono”, (come fanno ora anche certi analisti moderni e modernisti) senza non poche resistenze. Ma quella sua frase ogni qual volta (quagna la lagna come diceva Walter Chiari nello sketch dei fratelli De Rege con Carlo Campanini), una squadra rimaneva con un uomo in meno, come nel caso del Parma dopo il rosso a Brunetta, veniva sempre ricordata da tecnici e giornalisti o giù di lì (1+1=2). La motivazione addotta dal celebre e celebrato tecnico svedese era la seguente: la squadra con l’uomo in più tende
a rilassarsi e a concedere spazi per il contropiede. E la cosa, forse, se si ricorda la travolgente azione di Mihaila, dopo la spizzata magnifica di Benedyczak, potrebbe anche starci ed essere vera, ma io credo che ci sia molto altro nella gestione dei 35’ di superiorità numerica avuti dal Vicenza ier sera. Dopo 9 minuti il Parma arriva al goal e fino alla fine del primo tempo e i primi 24 minuti del
secondo tempo scopriamo, se andiamo ad analizzare al microscopio tattico l’incontro, che il Vicenza non ha saputo sfruttare per niente questo vantaggio: non è riuscita, anzi non è riuscito l’allenatore a capire, quale doveva essere, nello specifico l’uomo in più, aldilà del rilassamento di cui si parlava prima. Perché il punto è proprio questo: non è che l’uomo in più deve essere qualcosa di generico, di campato in aria, un sofisma, un’astrazione, ma deve essere qualcosa di tremendamente concreto. Infatti, nel momento in cui il Parma ha tolto una punta,
Inglese, per far entrare Sohm, un centrocampista, il Vicenza non ha fatto niente di concreto. Poi, ad inizio ripresa, dentro un attaccante, Dalmonte, in luogo di un centrocampista offensivo Proia, decretando di fatto nessun tipo di superiorità offensiva, in quanto il Parma schierando un 3-5-1 a centrocampo e in difesa non perdeva equilibrio. L’unico che era in inferiorità, era il centravanti Crociato polacco, autore di uno splendido goal, e pensare che in estate, tutti lo avevamo definito acerbo, e, in barba a tutti
noi, decisivo per la seconda volta consecutiva, il quale si trovava ad avere ben tre centrali, dico tre, a controllarlo, nell’ordine: Ierardi, Pausini e Padella. Decisamente troppi per marcare un solo ed isolato attaccante. Grazie a tutto ciò si può benissimo dire, parafrasando il glaciale Barone, che abbiamo tirato in ballo, «in dieci si vince meglio». Quando dall’altra parte c’è un tecnico che sceglie l’uomo in più sbagliato, quello che – essendo più lontano dall’area avversaria – non può far sfruttare, alla propria squadra, nessun tipo di vantaggio. Vien quasi da dire: “Mi piacerebbe conoscere chi ha detto a
Brocchi che lui è un bravo allenatore”, in maniera un po’ irriverente, perché un errore del genere, a tali livelli, non dovrebbe essere comprensibile o ammissibile. Tuttavia, dopo che una generazione di grandi tecnici risulta ormai defunta, bisogna accontentarsi di ciò che passa il convento dei miracolati in panchina, che purtroppo sono sempre di più. Direte voi: tutto qui, se il Parma ha vinto e il Vicenza non è riuscito ad impensierire Buffon, tranne
che nel recupero? E vi sembra poco? Per la prima volta la squadra Crociata, grazie ad un solo goal e a due altre grandi occasioni con Mihaila e Delprato, è riuscita ad affermarsi senza soffrire più di tanto. È fattuale direbbe Feltri, nonostante l’ennesima espulsione e nonostante tutto e tutti il Parma di Maresca, pratico, è riuscito, finalmente, a farcela per ben due volte in quattro giorni. E non è cosa di poco conto nell’economia di un campionato in cui succede tutto quello che gli esperti non sono in grado, non dico di pronosticare, ma nemmeno di concepire. Tutto e bene quel finisce bene e Buffon chiuda la porta, come recitava una massima di «Nick Carter», quello dei fumetti in Tv di Bruno Bozzetto. E ora si va tutti a Lecce – magari, si fa per dire – perché, se non è cambiata, la tribuna stampa di Via del Mare, da dove trasmettere le radio-telecronache, un tempo era la più impervia di tutte soprattutto per chi aveva poche diottrie valide. Dopo l’orgoglio dimostrato per aver lottato fino in fondo, al Parma non resta altro cioè, non può deludere più nessuno. Speriamo sia veramente così anche se non tutti gli allenatori avversari sono tutti bricchi, o brocchi. Gianni Barone
Brocchi è riuscito nell’impresa di risultare più scarso di Maresca. C’è ne vuole, eh.