CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / IL CREDO CHE CAMBIA
(Gianni Barone) – Ora che il Parma ha stupito tutti e sta mettendo a tacere tutti gli eretici, si apre la strada per un finale di torneo che ha quasi dell’incredibile, se non dell’impossibile.
Sohm: brocco per tutti fino all’altro ieri, ora è diventato – nelle cronache e nei commenti del giorno dopo – un campione a tutti gli effetti.
Come al solito, siamo in presenza della mancanza di equilibrio o temperanza nei giudizi che portano un giocatore a non essere mai valutato con criterio da nessuno, in modo serio. La solita iperbole per lui e per tutti quelli che non venivano giudicati all’altezza e che ora, mettendosi al servizio della squadra, riescono a rendere oltremisura.
L’entusiasmo, a volte, può giocare brutti scherzi: quindi attenzione alle esaltazioni improvvise e talvolta immotivate.
Se il Parma è diventato una squadra vera, il merito è di tutti e non solo del cosiddetto “credo” di Pecchia, come qualcuno ci vuole far credere, scusandoci per il gioco di parole o di verbi che dir si voglia. Qualcosa è sicuramente cambiato anche a livello di credo, su questo non ci sono dubbi. Il Parma degli ultimi otto turni è frutto, sicuramente, di un cambio, non tanto di mentalità, quanto di strategia, rimanendo immutata la tattica, cioè il sistema adattato, identico, solo nei numeri e non nello sviluppo rispetto a quello interpretato all’inizio e nella fase centrale del torneo.
Perché non si può tacere il fatto, che il Parma odierno – rispetto a quello di inizio progetto (a proposito: che fine ha fatto?) quello del “Dio” calcio propositivo tout cout (naufragato nella realtà dei risultati avversi contro avversari modesti) – sia modificato, e non poco, in determinati concetti di gioco, in grado, all’attualità, di esaltare alcune doti intrinseche degli interpreti stessi, i quali se da scarponi siano adesso assurti a veri e propri salvatori della patria, nell’immaginario collettivo di chi salta e critica, senza analisi accurata o costrutto, solo in presenza del mero riscontro dei risultati, poco importa.
Se ora si vince non è merito della supposta o immaginifica metamorfosi dei vari Sohm, Beneck, Bonny e perfino Coulibaly: il merito e il demerito non risiede nelle singole prestazioni individuali mutate o cresciute, all’apparenza, in maniera esponenziale. Sohm non è affatto un campione: solo che, agendo in posizione fluttuante e fluida di trequarti, e non essendo sottoposto a rigide marcature o raddoppi perché di nome non fa Franco Vazquez, riesce, muovendosi con una certa libertà di tempi e spazi, a rendersi più utile alla squadra in virtù delle sue propensioni e delle qualità fisico atletiche non sfruttate quando veniva impiegato da mezzala, da mediano o addirittura da terzino con risultati alquanto sconfortanti.
La sua crescita come quella di alcuni altri suoi compagni già citati è avvenuta perché, finalmente!, al gioco manovrato, sclerotizzato da ragnatele infinite e improduttive di scambi, si è preferito agire con più velocità e con più verticalità, sfruttando l’attacco degli spazi e le azioni di rimessa (non si pronunzi, giammai!, la locuzione contropiede) che sulla carta vengono considerate jurrassiche, ma che nella realtà si tramutano in micidiali azioni improvvise, capaci di fare a fette (sdong) le difese avversarie.
E senza che nessuno lo ammetta o che ne faccia esercizio di abiura il calcio, che nessuno vorrebbe, perché datato o fuori luogo, quando è riveduto e corretto ed adattato, soprattutto, alle caratteristiche dei singoli, alla fine paga ed esalta come quello che il Parma ha saputo offrire, nell’ultima di campionato contro il quadrato ed apprezzabile Venezia di Vanoli, con risultati in termini di concretezza e anche di spettacolo, che hanno fatto gridare un po’ a tutti al miracolo tattico, tecnico, fisico e psicologico, frutto di apparizione quasi divina, calcisticamente parlando, di gioco e prestazioni fuori dalla norma e da ogni più rosea previsione.
Tanta gioia per un quarto posto non si era mai vista, eppure l’ammirazione continua e generale sembra avere contagiato anche chi non era mai stato morbido con le gestioni tecniche e societarie del Parma degli ultimi tempi. Eppure non si è ancora né vinto e né conquistato niente, ci tengono a sottolineare gli scaramantici del giorno prima, dopo e durante: il cammino non è lungo, ma non può essere facile perché le sorprese sono sempre in agguato e sono paragonabili a quanto, in termini di rinascita sportiva, gli uomini di Pecchia sono stati in grado di produrre nell’ultima fetta di campionato di B, ora, come traguardi, alla portata di chi sembrava non potesse ambire ad alcunché.
La bellezza di un qualcosa che fugge, sfugge e talvolta, tra lo stupore generale, ritorna e sconvolge giudizi, opinioni e pronostici fatti da chi passa per esperto o intenditore, e senza che nessuno se ne possa accorgere riesce a cambiare idea e dire “lo sapevo che sarebbe andata finire proprio così”. Della serie “non ditemi come andrà a finire, perché tanto già ci siamo”, nell’accezione opposta di chi questo motto lo ha ideato.
Perché non ci sono dubbi: anche il più ferreo dei “credo” può essere suscettibile di qualsiasi tipo di cambiamento, persino in chiave politeista, passando persino inosservato agli occhi di chi non se ne avvede, a causa di tanta, troppa passione o devozione. Gianni Barone
è cambiato anche il Peter noster….
volevo dire Pater…
Non è cambiato niente barone, la serie a Parma puó solo comprarsela
Ricorda un po’ in piccolo il finale del 2018, quando da noni finimmo secondi. Chissà che la storia non si ripeta!
Ma se andiamo in a che squadra facciamo? Non è che facciamo la fine della cremonese?
Già così siamo molto più competitivi della Cremonese di quest’anno
Hai ragione reggiano…., che squadrasa vero? Sono mesi che lo dite, allora sai che facciamo….restiamo in B a giocarci il derby con voi…..ma va a…..
Pecchia ha grandi meriti : la geniale conduzione dei calciatori ruotati quasi tutti , il coraggio di modificare atteggiamento tattico, la gestione del gruppo verso l’esterno, la scelta aziendale di arrangiarsi rinunciando all’acquisto di un centravanti, l’accettazione della cessione di osterwalde, di romagnoli, la valorizzazione di diversi giovani che fino ad oggi erano considerati da tutti ripeto tutti noi brocchi irrecuperabili ed aborti dell’algoritmo.
Non so come finirà ma di certo merita un grande applauso.
Non dimentichiamoci quanti prima di lui hanno miseramente toppato.
Forza Parma.
Uno : Maresca. Che poi in realtà era in una situazione molto più complessa di Pecchia. Sia Maresca che Iachini, lo scorso anno, si sono ritrovati con un’accozzaglia di giocatori che, secondo i vari opinionisti, “non erano squadra”. Su questo punto, Pecchia ha fatto un buon lavoro, ma dopo un anno insieme, è normale avere più sintonia e un gruppo più coeso
per natura sono ottimista….in questa stagione abbiamo vinto contro le big in serie B….e perso contro le piccole…ora probabilmente giochiamo contro il Cagliari e poi contro il Bari in finale….
Forza Parma