CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / L’ULTIMO DEI SIMPATICI

(Gianni Barone) – Chissà perché bravi, famosi, di grido, hanno tutto fuorché la simpatia: con la dipartita di Carletto Mazzone, se n’è andato, non dico l’ultimo, perché ancora qualcuno in vita c’è (il mitico Trap) anche se non allena più, di sicuro uno degli ultimi più simpatici, più umani, più veri, più credibili allenatori di calcio italiano.
Con lui se ne va una generazione intera di tecnici, nati e vissuti a pane e catenaccio, che hanno saputo adeguarsi e districarsi nei meandri, fino allora ignoti , della zona (sona, per dirla alla Liecholm, uno dei precursori del nuovo modulo), riuscendo addirittura ad essere uno dei primi, se non il primo, a sottrarsi agli imperanti 4-4-2 (di sacchiana devozione) e 4-3-3 (di zemaniano integralismo) escogitando la scappatoia della difesa a 3, per mantenere, anche se in maniera quasi virtuale, la presenza del terzo uomo al centro alle spalle degli altri due (oggi definiti con termine alquanto goffo braccetto) cioè il libero (o battitore libero usando il gergo dell’antico testamento del calcio) invenzione di chi, come Foni e Viani, già alla fine degli 40 primi anni 50, aveva udito, dentro di sé, in linea con il loro pensiero difensivo, i primi vagiti del catenaccio, vero e proprio modulo star per quasi un trentennio.
Mazzone e pochi altri dopo lui – citiamo Zaccheroni e lo Spalletti dell’Udinese, non del suo primo Empoli – avevano avvertito l’esigenza di trascendere dalla linea difensiva a 4, per irrobustire la cerniera centrale di difesa con tre elementi, lasciando sulle corsie i due esterni più arretrati in fase di possesso rispetto ai restanti tre centrocampisti che mantenevano, nel frattempo, gli stessi compiti di quelli del classico 4-3-3, marchio di fabbrica degli offensivisti della prima ora.
Carletto, quindi, che da calciatore e nei primi anni di carriera di allenatore, non aveva mai masticato la zona, per dirla alla Ferrini di Quelli della notte, «non capiva, ma si adeguava», o meglio avrebbe voluto non capire, ma nulla gli impediva, con l’artificio di cui sopra (difesa centrale a 3) di porsi nella condizione di accettare, più o meno obtorto collo, di seguire i principi di gioco del nuovo (per l’Italia anni 90) modulo a zona, che avrebbe negli anni, con tutte le sue varianti e suoi aggiustamenti rappresentato in toto la nuova, unica ed esclusiva frontiera tattica ad ogni livello.
Ma di questo suo atteggiamento bifronte di non voler capire, ma di adeguarsi ugualmente, fece la sua bandiera che gli permise, dopo gli anni gloriosi in cadetteria ad Ascoli (sua patria calcisticamente acquisita) di approdare prima alla Roma e poi al Brescia, allenando giocatori di ottimo livello come Totti, Pirlo e Guardiola che non possono aver dimenticato il valore dei suoi insegnamenti sia tecnici che umani.
L’idea di arretrare Pirlo da scialbo trequartista, a geniale centrale di regia in mediana, sebbene venga attribuita ad altri, la si deve a lui e al suo geniaccio molto naïf e poco scientifico.
Come a lui si devono tanti altri artifici ideati per far sottrarre le sue squadre alla strapotenza tecnica delle sue avversarie, infarcite di campioni o presunti tali.
Furono sue le idee di certe gabbie, di certi accerchiamenti, di certi raddoppi o triplicazione di marcatore al cospetto di pericolosi «fantasisti» (una volta si chiamavano così, chissà perché?) sia italiani che stranieri.
Di lui, però, tutti vogliono ricordare l’empatia che sprizzava da tutti i pori, la bonomìa dei rapporti, la schiettezza delle opinioni e soprattutto la simpatia, che a tutto tondo, sapeva esprimere, sia in campo che fuori davanti a microfoni, taccuini e telecamere in interviste e conferenze in cui non risultava mai banale e scontato, al contrario di tanti altri suoi giovani e vecchi colleghi.
Di sicuro ciò che lui era in grado di emanare con la sua aria da «Magara», era un qualcosa di unicum. Inarrivabile per tutti quelli che hanno fatto più carriera di lui, che hanno diretto grandi club o nazionale: il paragone con lui non lo ha retto e non le regge nessuno, perché gli estimatori e chi lo apprezzava per tutte le sue doti, siano essi giocatori, dirigenti, giornalisti e tifosi, sono di gran lunga superiori alla quella sparuta schiera di detrattori avuti quando era in vita.
Ora che è morto, come capita spesso a tutti, nessuno ha o avrà coraggio di voltargli le spalle, come del resto nessuno lo farà anche con chi non è stato in grado di arrivare i suoi grandi livelli di simpatia. Anche se l’ipocrisia, nel calcio come nella vita, avrà il coraggio di definire simpatici anche Zoff, Prandelli, Sacchi, Donadoni, Mancini, Conte, Zeman, Allegri, Mourinho, Sarri, che saranno tutti i bravi nel loro campo e a modo loro, ma come si diceva una volta dalle nostre, o forse lo si dice ancora sono «simpatic me na sbareda in t’il bali». Gianni Barone

Gianni Barone

Gianni Barone, al secolo Giovanni Battista, nasce a Casale Monferrato (Alessandria) nel 1958 e si trasferisce a Parma nei primi anni 60. Qui matura la sua grande passione per il calcio, prima in qualità di calciatore dilettante fino alla Prima Categoria e poi, di allenatore, direttore sportivo, radio-telecronista, conduttore e opinionista di talk show sportivi. Giornalista pubblicista dal 1990, inizia con Radio Emilia nel 1983, prosegue con Onda Emilia (dal 19849 e Radio Elle (dal 1990). In Tv cura i collegamenti da Parma per "Il Pallone nel 7" (1991-92) di Rete 7 (BO) e collabora con la redazione di Retemilia. Negli anni Novanta effettua telecronache e servizi per il TG sulla squadra Crociata per Teleducato. Dal 2002 al 2008 produce servizi dal Tardini per Telenova di Milano all’interno della trasmissione "Novastadio". Nel 2009 commenta per La7 digitale terrestre e per Dahlia Tv, le partite del Parma Calcio in Serie B. L’attività di telecronista, conduttore e opinionista lo vede nel tempo collaborare anche con San Marino Tv e 7 Gold. Dal 2016 è titolare della rubrica «Cattivo Cittadino» sul quotidiano on line Stadiotardini.It, di cui è vicedirettore esecutivo. Attualmente, per il service Edirinnova, commenta le partite di serie D del Lentigione trasmesse da Telereggio ed è frequentemente ospite di Bar Sport su 12 Tv Parma. Allenatore UEFA B, istruttore qualificato Scuola Calcio, è stato direttore sportivo di settore giovanile alla Langhiranese Val Parma dal 2010 al 2013, e al Juventus Club Parma dal 2014 al 2015. E' autore del libro «Il metodista (Storia della tattica calcistica) edito da Edizioni Progetto Cultura, Collana Sempre Sport (Anno 2006).

One thought on “CATTIVO CITTADINO, di Gianni Barone / L’ULTIMO DEI SIMPATICI

  • 24 Agosto 2023 in 12:50
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    Sempre nei nostri cuori Mister Mazzone, ruspante e sincero come pochi.

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