CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / PENSIERO UNICO, NON STUPENDO
(Gianni Barone) – Più che un pensiero “stupendo” alla Patty Pravo, quello che ha accolto la prima convincente vittoria del Parma, è apparso un “pensiero unico” da parte di tifoseria e stampa locale a braccetto più che mai nel definire, al colmo di ogni più stereotipato luogo comune, che la squadra sviluppa un gioco migliore, più veloce rispetto a prima (ogni riferimento all’assenza del Mudo non è assolutamente casuale), che i giovani stanno crescendo, che la mano dell’allenatore con un anno di esperienza in più si fa sentire, che manca ancora qualcosa a livello di organico in difesa (anche se qualche spiraglio in tal senso si sta aprendo), che la stessa difesa (stessa in ogni senso, rispetto a prima) ancora qualcosa concede, che Bernabè più avanti renderà di sicuro meglio… e bla, bla, bla…
Questo in sintesi il “pensiero unico” che in altri ambiti divide al limite dello scontro ideologico non poco le varie fazioni in campo, ma che in salsa Crociata accomuna e affratella tutti nel “l’abbiamo vista così”, di ceciana memoria (alla Ceci, cioè precursore in tutto, ante litteram, parlando di Parma) che finisce per affermare “l’abbiamo vista tutti alla stessa maniera”.
Incoraggiante, in ogni senso, l’inizio con giudizi discreti, ma non ancora buoni, buonissimi, ottimi o eccellenti, su singoli, sui quali fatalmente tutte le analisi dotte o naïf vanno a spegnersi, e sul gioco collettivo del quale, però, non vengono disvelati particolari relativi alla strategia, di sicuro post moderna, messa in atto ricorrendo, in questo caso non ad unico stile o pensiero, ma a più concezioni di gioco varie che vanno dal manovrato “andante”, con palla a terra, al “brioso”, vivace e veloce con ripartenza annessa, fino al più ispirato “caos organizzato”, o casino che dir si voglia, che porta ad avere più soluzioni dovute agli spostamenti repentini, rapidi, non più scolastici e scontati, come prima, lungo tutte le direttrici e le traiettorie di gioco possibili e immaginabili.
Quello che si suol e vuol dire, ricerca dell’imprevedibilità, della sorpresa, allo scopo di scardinare fortini, abbattere pullman, sgretolare le normali difese d’arresto, frutto di pratiche difensive ancora arcigne o ferree.
Tutto grazie alla mutualità alla quale, nella semplicità del gioco di squadra, tutti dovrebbero, chi più, chi meno, chi con stile, con grinta o cativeria, ricorrere senza fronzoli od inutili o fastidiosi tatticismi di comodo o di maniera.
Un’orchestra senza solisti, come abbiamo titolato, grazie all’intuizione di un “geniaccio” che mai ci abbandona nei momenti più delicati e che ci fa affermare, con forza, che quando non ci si basa su un solo giocatore, presunto campione, presunto talento, ma su una sola e grande “moltitudine”, nel limite dei numeri consentiti, ecco che le soluzioni abbondano e arrivano puntuali.
L’importante sarà sempre non farsi travolgere, troppo, da manie “zemaniane”, “bielsiane”, esageriamo “dezerbiane”, abbandonando quella cura della fase difensiva, forse demodè, ma sempre fondamentale, nell’economia di quel gioco di squadra che non può e non deve essere solo ed esclusivamente propositivo o d’attacco.
La concezione, post moderna, di cui sopra, consiste proprio in questo, e casualmente proprio nei giorni dell’addio a quel grande maestro di praticità ed essenzialità calcistica che è stato e sarà Carletto Mazzone, occorre apprendere più che mai la sua lezione che ha ispirato e deve continuare a farlo, la realtà di chi ci crede, al pari di ciò, che simpaticamente, il compianto aveva voluto trasferore, nella finzione cinematografica del cult “l’allenatore del pallone 2”, al mitico Oronzo Cana’ (al secolo Pasquale Zagaria) con parole di saggezza che l’umorismo della scena non potevano in nessun modo cancellare.
Gli esempi di come sottrarsi al pensiero unico, nel calcio degli scienziati della costruzione dal basso, abbiamo visto che non mancano e salutiamo con piacere i lanci lunghi di Chichizola, che qualcuno in ossequio ai precetti di cui sopra, ha criticato, ma che servono ad innescare quella «fantasia», talvolta pure «frenesia», ma poco importa, che dovrebbe salire al potere, per poter far salire la squadra fino all’area avversaria riversando, all’interno della stessa, più uomini possibili, allo scopo di sorprendere, disunire, allentare le linee difensive avversarie.
Detto così, potrebbe apparire tutto semplice, tutto facile, ma in mezzo anche a tutto il caos e la confusione che si ha in cuore di creare, c’è un lavoro di organizzazione, soprattutto mentale che ogni singolo, su input del tecnico, dovrebbe avere l’attenzione di curare, metabolizzare e di attuare.
Ed eccoci arrivati alla combinazione dello spartito da leggere all’interno di quella “recitazione a soggetto”, utile ad interpretare al meglio le varie situazioni di «scena», pardon di gioco. Perché «accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni e poi la vita risponde». Non è mia, purtroppo, questa frase, però serve a farci capire l’importanza delle cose, delle domande che ci facciamo e della mancanza di risposte, che ogni tanto dovremmo avere la cura di avere, allo scopo di non dire tutti la stessa cosa, frutto dello stesso pensiero unico e non raro e di sicuro non stupendo. Gianni Barone
A me Chichizola non convince del tutto non perchè lancia sempre lungo, ma perchè non mi sembra sicurissimo nelle uscite.